Prosegue l’appuntamento con la newsletter Fatto For Future. Questa settimana, oltre alla rubrica di Luca Mercalli, vi proponiamo un’inchiesta di Riccardo Antoniucci sull’inquinamento provocato dall’industria dell’abbigliamento e sui progetti per migliorarne la sostenibilità. Secondo la scrittrice turca Ece Temelkuran per salvare il Pianeta bisogna recuperare la fiducia nell’essere umano. Il Wwf chiede a gran voce una legge sul rispetto del suolo. Mentre il Comitato Cittadini per l’ambiente si scaglia contro la nuova centrale nel mantovano, che ha ottenuto il via libera dal ministero della (timida) Transizione Ecologica. Infine, nella rubrica “Verdi si diventa” impariamo a scegliere i cibi che diamo ai nostri animali domestici. Se ne occupa Elisabetta Ambrosi.
Buona lettura
Tra sprechi e fibre di plastica: quanto inquina l’industria della moda e a che punto è la svolta sostenibile
di Riccardo Antoniucci
L’altra faccia della moda si chiama Kantamanto. Questo quartiere di Accra, capitale del Ghana, ospita un enorme mercato di abbigliamento di seconda mano, forse il più grande del mondo. Si dice che a Kantamanto puoi trovare qualunque tipo di abito. Ogni settimana al porto di Accra vengono scaricati circa 15 milioni di vestiti usati. Arrivano dentro grandi imballi di plastica spediti su navi container da qualche capitale occidentale. L’intera popolazione del Ghana non fa più di 30 milioni di abitanti. La maggior parte di questi abiti sui banchi del mercato non ci finiscono neanche.
Sono scarti del cosiddetto “fast fashion”, il mercato dell’abbigliamento a basso costo delle grandi catene multinazionali, fatti con materiali scadenti e quando sbarcano sono già fallati, lisi e inutilizzabili. Anche se a ogni angolo di Kantamanto ci sono laboratori sartoriali di riparazione, montagne intere di vestiti finiscono buttati per strada, in discariche improvvisate lungo la costa.
(Continua a leggere)
|