Ben tornati alla newsletter Fatto for Future. Questa settimana, oltre alla rubrica di Luca Mercalli, Elisabetta Ambrosi ha studiato per noi l’ultimo rapporto dell’Unhcr (l’Agenzia Onu per i rifugiati). Sempre più persone sono costrette ad abbandonare le proprie case, a causa delle guerre ma pure del cambiamento climatico: nel 2023 sfollati e rifugiati hanno raggiunto la cifra record 120 milioni, con un aumento dell’8% rispetto al 2022. E i numeri sono raddoppiati rispetto a dieci anni fa.
Silvia Francescon, dell’Unione Buddista italiana, ci racconta invece in un’intervista il progetto Scuola Contadina, per chi già sa e per chi vuole avvicinarsi per la prima volta alla terra, con corsi di viticoltura, apicoltura, olivicoltura. Un modo per “insegnare la deep ecology e restituire valore alla società”.
Nello spazio riservato alle associazioni, il WWF analizza in termini ambientali i risultati del G7 in Puglia e il comportamento da “gambero” del governo Meloni. Altrov*e ci conduce alla scoperta del documentario sulla storia di Gianluca Grimalda, lo scienziato licenziato per essersi rifiutato di prendere un aereo (e quindi inquinare).
Vi raccontiamo, poi, la nuova “Wikipedia” dell’ambiente: l’associazione A Sud ha creato un glossario (cui tutti possono contribuire) che fa chiarezza sui termini utilizzati per parlare di clima.
Buona lettura.
Un mondo di sfollati: 120 milioni di persone sono rimaste senza casa. I dati Unhcr 2024 sulle migrazioni
di Elisabetta Ambrosi
Fuggono per il clima o per le guerre. Più spesso, per il clima e le guerre insieme. Ma lungi dal riversarsi in massa nel ricco ‘Occidente’, anche se sono sempre di più, quasi sempre sfollano all’interno del proprio Paese o nei Paesi vicini, anch’essi a basso o medio reddito. E quando possono, se possono, tornano a casa, che è ciò che desiderano di più. È la fotografia fatta da Global Trends 2024, ultimo rapporto dell’Unhcr, Agenzia Onu per i Rifugiati.
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Il libro
Come il cambiamento climatico potrebbe salvare il mondo
di Ulrich Beck
Euro 11, pp. 70, Castelvecchi editore
Poco prima della sua scomparsa, Ulrich Beck pubblica un articolo profetico, in cui invita i lettori a non interrogarsi sugli effetti negativi della crisi ambientale e a coglierne invece il potenziale emancipativo. La domanda «come può il cambiamento climatico salvare il mondo?» diventa allora il punto di partenza per un «pensiero costruttivo della catastrofe», orientato alla riparazione di un mondo devastato dagli eccessi del capitalismo. Una rinnovata visione cosmopolita, basata sull’imperativo «cooperare e condividere oppure non cooperare e perire», è la migliore speranza per la nostra società al collasso.
Ulrich Beck è stato docente di Sociologia alla Ludwig-Maximilians-Universität di Monaco e alla London School of Economics. Si è occupato di globalizzazione, cosmopolitismo e problemi ecologici, elaborando i concetti di “seconda modernità” e “teoria del rischio”.
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