Prosegue l’appuntamento con la newsletter Fatto For Future. Questa settimana, oltre alla consueta rubrica di Luca Mercalli, Elisabetta Ambrosi intervista Vanessa Nakate, attivista ugandese e autrice di libri sul clima che devasta il continente africano. Con Luana De Micco tornuiamo a Parigi per analizzare il piano green di Macron, affidato a tre donne che alimentano molti dubbi, vediamo perché.
Nello spazio dedicato alle associazioni ambientaliste, il Wwf critica il piano RepowerEu “rovinato da pessime idee per i fossili” . Mentre Mountain Wilderness parla delle olimpiadi Milano-Cortina 2026: doveva essere un evento a “emissioni zero”, invece…
Infine, nella rubrica “Verdi si diventa” parliamo dei gamberetti, un alimento molto diffuso che però provoca danni seri all’ambiente.
Buona lettura
L’attivista ugandese Nakate: “Clima, i politici mentono. I media nascondono”
di Elisabetta Ambrosi
Arriva indossando una giacca e una sciarpa pesante al collo, nonostante a Roma ci siano quasi trenta gradi. E fa venire mente subito quando nel suo libro, Aprite gli occhi. La mia lotta per dare una voce alla crisi climatica (edito da Feltrinelli), racconta del freddo patito al meeting sul clima di Davos, quasi una crisi ipotermica. Vanessa Nakate, soprattutto, è timidissima, nonostante abbia dimostrato in questi anni un coraggio senza fine. Parla con voce bassa, si percepisce un po’ di smarrimento, come se stesse cercando di capire i nostri codici europei. Che sono diversi dai suoi, come diversa, rispetto a Greta, la sua esperienza di attivista. Perché l’Uganda non è la Svezia.
Paura. Tristezza. Rabbia. Frustrazione. Disgusto. Questi sono stati i sentimenti che lei racconta di aver provato di fronte alle devastazioni ambientali nel suo paese. La sua storia di attivista comincia con una reazione morale?
È così. Quando ho visto l’impatto della crisi climatica, come le alluvioni e la siccità, sul mio paese ho sentito che dovevo fare qualcosa, parlare di ciò che stava accadendo. Quindi mi sono posta in una prospettiva morale: fare qualcosa per la mia comunità, trovare soluzioni.
(continua a leggere)
Il libro
Pensare la fine. Discorso pubblico e crisi climatica
Meltemi editore, pagine 152, euro 15
di Marco Pacini
La recente accelerazione della crisi climatica e ambientale non trova soluzioni adeguate. L’ipotesi da cui prende le mosse il saggio di Marco Pacini è che per imboccarne una via d’uscita risulti indispensabile la pratica di un pessimismo attivo e creativo, anziché la predicazione di un ottimismo ottuso. In altre parole, sarebbe necessario maturare culturalmente e psicologicamente un “pensiero della fine” così da poterla evitare, un pensiero che si sottragga ai cortocircuiti responsabili dell’inazione o, peggio, di azioni prigioniere di una sorta di doppio legame tra doveri green e standard di vita irrinunciabili perché presunti sostenibili. La maturazione di un pensiero in grado di sostenere la sfida dovrà partire dalle parole che nutrono il discorso pubblico, così da sottoporle a uno “stress test” in quello che Bruno Latour ha definito “nuovo regime climatico”.
Marco Pacini è stato caporedattore de “L’Espresso” fino al 2020, dopo una lunga esperienza giornalistica. Nel 2005 ha ideato il progetto culturale “Vicino/lontano” che ha dato vita all’omonimo festival e al Premio Terzani. Ha diretto una collana di saggi per Forum Editrice Universitaria Udinese e ha già pubblicato Epocalisse (2018). Attualmente fa parte della redazione della rivista filosofica “aut aut” e della giuria del Premio Terzani.
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