Prosegue l’appuntamento con la Newsletter Fatto For Future. Questa settimana, oltre alla consueta rubrica di Luca Mercalli, Elisabetta Ambrosi si occupa delle elezioni Usa: cosa cambia per la salvaguardia dell’ambiente in caso di vittoria di Trump o Biden? Come vedrete un abisso, motivo per cui il mondo osserva preoccupato l’appuntamento. Poi troverete un’inchiesta di Stefano Valentino sulla pratica di incendiare le foreste per il business. A essere interessate al fenomeno i big mondiali della produzione di snack e carta igienica. Vi proponiamo poi il consueto appuntamento con Fridays For Future Italia e, questa settimana, anche un articolo dell’associazione Mountain Wilderness Italia. A chiudere la rassegna stampa internazionale sui temi climatici.
Biden contro Trump: ecco perchè le elezioni Usa sono “un referendum sul clima”
di Elisabetta Ambrosi
L’uno, Biden, sostiene che il cambiamento climatico pone una “minaccia esistenziale all’umanità”, che tra dieci anni il paese “passerà il punto di non ritorno” e che pertanto occorre varare un piano straordinario per uscire dalle fonti fossili entro il 2035 e arrivare a emissioni zero entro il 2050. L’altro, Trump, nega il riscaldamento globale, è uscito dall’accordo di Parigi, ha autorizzato trivellazioni, uso di pesticidi tossici e oleodotti, tolto protezioni ad animali e zone protette, nominato ai vertici dell’Agenzia di Protezione dell’Ambiente (Epa) esponenti della lobby del carbone, infine negato l’accesso ai dati sui cambiamenti climatici e minacciato giornalisti ambientali. (continua a leggere)
Il libro: tutte le colpe dei petrolieri
Nel dibattito di questi anni sui cambiamenti climatici, pochi evidenziano un dato macroscopico: la responsabilità enorme dell’industria petrolifera. Recenti ricerche scientifiche hanno infatti dimostrato che il 75% delle emissioni cumulate di gas serra dal 1988 al 2015 dipende da un centinaio di compagnie petrolifere. Eppure, malgrado i numeri siano chiari, quasi nessuno sembra combattere la madre di tutte le battaglie. Perché l’industria dell’oil&gas non paga per i danni commessi? Soprattutto, perché finora è riuscita a evitare l’attribuzione di ogni tipo di responsabilità, anche grazie al finanziamento di iniziative e ricerche di stampo negazionista. Quanti soldi e interessi stanno dietro il mantenimento dello status quo? Tutte le colpe dei petrolieri ci racconta cosa sia oggi e come funzioni l’industria petrolifera globale; come agisca sullo scacchiere internazionale e nella politica nazionale di ciascun paese. Per poi concentrarsi sulle responsabilità accertate e sui possibili risarcimenti di cui dovrebbe farsi carico. Modificare l’intero sistema economico e industriale su cui si è retto il pianeta fino a oggi e avviare un processo di ristrutturazione che progressivamente porti all’abbandono dei combustibili fossili in favore delle energie rinnovabili non sarà indolore, ma è tecnicamente possibile oltre che auspicabile. La notizia è che non comporterà necessariamente un impoverimento, ma anzi potrà rappresentare uno stimolo importante per l’economia mondiale del futuro. E’ il tema del libro Tutte le colpe dei petrolieri, come le grandi compagnie ci hanno portato ssull’orlo del collasso climatico (editore Piemme, 160 pagine, 17,50 euro).
STEFANO VERGINE, giornalista freelance, collabora con testate italiane ed estere occupandosi di economia e politica. Ha realizzato decine di inchieste, tra cui quella sui Panama Papers, premiata con il Pulitzer. È autore di due libri, l’ultimo dei quali è Il libro nero della Lega (insieme a Giovanni Tizian) con lo scoop del Russiagate italiano.
MARCO GRASSO, professore di Geografia Economica e Politica all’Università di Milano-Bicocca, si occupa di politiche ambientali e di governance del clima. Ha lavorato presso Birkbeck, University of London ed è stato Visiting Scholar presso università e centri di ricerca in Europa, Stati Uniti e Australia. Ha pubblicato libri e articoli scientifici su prestigiose riviste internazionali quali Nature Climate Change, Climatic Change, Energy Research & Social Science.
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