Prosegue l’appuntamento con la Newsletter Fatto For Future. Questa settimana, oltre alla consueta rubrica di Luca Mercalli, ci dedicheremo ai 10 anni dal referendum sull’acqua pubblica, un voto popolare ignorato da tutti i governi che si sono succeduti. Anzi – come vedremo – si è andati nella direzione opposta e il Pnrr spinge ancora più i privati. Morale della favola, tra dispersioni e mancati investimenti, i gestori guadagnano sempre di più a spese dei cittadini, su cui ricadono i costi. Per finire la rassegna stampa internazionale.
Buona lettura
A 10 anni dal referendum sull’acqua nulla è cambiato. L’esempio delle capitali Ue
di Elisabetta Ambrosi
“Dieci anni fa, il 12 giugno del 2011, 26 milioni di italiani si sono pronunciati per cancellare la normativa che induceva alla privatizzazione nella gestione del servizio idrico, e il relativo profitto. Ma, siccome i referendum in Italia sono di natura abrogativa, senza una legge del parlamento, ci ritroviamo oggi, nel 2021, con la stessa situazione di allora. La volontà popolare è stata completamente aggirata”. Gaetano Azzariti, costituzionalista, è docente di Diritto costituzionale alla Sapienza di Roma. Ricorda come l’opposizione all’esito del referendum iniziò subito, nell’agosto del 2011, quando il governo di allora emanò un decreto legge in cui tentava di ripristinare la vecchia normativa appena abrogata, ma “per fortuna intervenne la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 199 del 2021”. Da allora, nonostante si siano succedute maggioranze di diversi colori, nulla è cambiato, tanto che la gestione dell’acqua oggi continua ad essere affidata a un ristretto numero di soggetti che operano, anche quando pubblici, in base a regole di mercato e per ricavare profitto. Quel profitto che gli italiani avevano chiesto di abrogare, e che, come ricorda invece Paolo Carsetti, rappresentante del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, sono stati addirittura incrementati quando, nel 2012, “l’Autorità ha predisposto un nuovo metodo tariffario che ha formalmente recepito l’esito del referendum ma ha introdotto una nuova voce, chiamata costo della risorsa finanziaria, sotto cui c’è una formula che è quasi identica a quella utilizzata per il calcolo della remunerazione”.
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Il libro
Piccolo atlante dell’acqua
(edizioni Clichy, pagine 160, euro 12)
Non se ne parla più molto, travolti come siamo dalla pandemia che ci ha colpiti, ma da anni i maggiori studiosi di economia e sociologia sostengono che, dopo quella per il petrolio, la nuova guerra che colpirà il mondo sarà quella per l’acqua. Risorsa indispensabile alla vita umana, animale e vegetale, e assolutamente insufficiente anche per il devastante e continuo spreco che se ne fa, l’acqua è insieme l’elemento più presente sul nostro pianeta, la miniera da cui estrarre l’idrogeno (il prossimo combustibile che potrebbe essere in grado di soddisfare la richiesta energetica globale), ma anche un fattore fondamentale per la vita che molti, moltissimi esseri umani non hanno a disposizione o non hanno a disposizione in maniera sufficiente. In questo piccolo atlante si spiega, quasi soltanto attraverso i numeri e i dati, in che modo l’acqua potrebbe in realtà essere sufficiente per tutti e come invece è distribuita in modo assolutamente disuguale, tanto da diventare uno strumento per creare nuove differenze, ulteriore povertà, e anche fenomeni di sfruttamento e di schiavitù per una buona parte dell’umanità.
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