Benvenuti a Giustizia di Fatto n° 85. Questa settimana cominciamo dal caso Cucchi. La settimana scorsa sono stati condannati in primo grado gli otto carabinieri responsabili, secondo i giudici, di aver depistato le indagini sulla morte del geometra romano. Poco prima la Cassazione aveva messo la parola fine ai procedimenti sulle botte ricevute da Stefano (che poi ne provocarono il decesso). Ma ci sono ancora molti interrogativi ai quali non è stata data risposta. Quali? Ce lo spiega Saul Caia con il suo approfondimento sulla vicenda.
Passiamo poi alla storia dell’ex direttore del quotidiano La Nuova Basilicata Beppe Lopez: non sa se lamentarsi di più per la lentezza della giustizia – 23 anni per un paio di sentenze – o per l’esito dei processi collegati al suo licenziamento. Ma nel frattempo, a 75 anni, ogni mese gli tocca pagare un bonifico da 500 euro. Perché? Ce lo racconta Vincenzo Iurillo.
E proprio Iurillo è il protagonista del terzo articolo di questa settimana: tra le vittime di centinaia di querele infondate e ritorsive, fatte dall’avvocato napoletano Lucio Varriale, con lo scopo di intimidire e ostacolare la giustizia, c’era anche lui. Anche questa settimana continuiamo ad analizzare il processo a Mimmo Lucano confrontando le posizioni dell’accusa e della difesa: l’ex sindaco di Riace è stato condannato a 13 anni e due mesi per aver consentito ai migranti non aventi diritto di rimanere nei progetti di accoglienza. Lucio Musolino ci riporta la posizione della difesa: obietta che non viene spiegato chi siano i migranti in questione e quale sia stato il danno economico. Saul Caia ci riporta la posizione dell’accusa con particolare attenzione all’uso delle intercettazioni.
Per quanto riguarda l’ambiente Maria Cristina Fraddosio torna a occuparsi di trivelle e Piano per transizione energetica: 24 Comuni hanno presentato ricorso al Tar contro i ministeri. Infine Antonella Mascali ci spiega perché i magistrati hanno deciso di scioperare per la riforma dell’ordinamento giudiziario. Con le nuove regole sulle sanzioni ai pm, sottolinea Eugenio Albamonte di Area, nessuna procura avrebbe riaperto il caso Cucchi.
A cura di Antonio Massari
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