Benvenuti alla newsletter Giustizia di Fatto n°18. Il diritto penale è davvero uguale per tutti? Dopo due mesi di inchiesta sulla questione amianto in Italia Maria Cristina Fraddosio tira le somme. Parafrasando la celebre parabola… è più facile che un cammello passi attraverso la cruna di un ago piuttosto che un industriale, accusato di omicidio colposo in un processo per vittime di amianto, venga condannato. E Fraddosio ci spiega perché.
Se pensassimo che tutto questo riguarda solo l’amianto però prenderemmo un abbaglio: la regola – ci racconta Fraddosio in un altro articolo – vige molto spesso in tutto il diritto ambientale. E siccome il rapporto tra diritto e ambiente è al centro della nostra attenzione sin dalla prima puntata continueremo ad analizzarlo anche nei prossimi mesi.
Si conclude oggi il nostro approfondimento mensile che ha riguardato tutti i guai giudiziari della Lega: Davide Milosa ci racconta come nasce – e a che punto è – l’inchiesta sugli ormai famosi 49 milioni di rimborsi elettorali incassati e poi spariti dalle casse della Lega.
Passiamo al capitolo discriminazioni. Vincenzo Bisbiglia continua a monitorare, consultando fonti aperte, il numero dei casi emersi in questo 2020: secondo il suo conteggio, questa settimana, siamo saliti a quota 117 e ci racconta quello che è accaduto (non sono mancati persino i colpi di machete).
Questa settimana ci occupiamo anche di Università: Ilaria Proietti ci spiega in che modo (e soprattutto perché) il Tar Toscana si è nei fatti sostituito all’università di Pisa, creando un precedente clamoroso, nel conferire una cattedra. Mafie in crescita: Francesco Casula si occupa questa settimana di quella foggiana e ci spiega come era organizzata e composta una “batteria” che ha seminato il terrore per anni, imponendo il pizzo, fino al salto di qualità che le ha consentito di mettere le mani su 13 milioni di fondi comunitari.
Infine i nostri Insider. All’interno dell’Arma non tutti sono contenti degli incarichi conferiti al colonnello Corrado Scattaretico e al generale Claudio Domizi. Come mai? Antonella Mascali ci racconta quel che accade invece all’interno del Csm. È stata bloccata, almeno per il momento, la nomina (chiesta dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede) di Massimo Antonio Orlando, presidente del tribunale di Livorno e capo, in pectore, del Dipartimento organizzazione giudiziaria. Il motivo? Mettiamola così: il caso Palamara e le sue chat colpiscono ancora. E non solo nella questione Orlando. Per la sostituzione di Marco Mancinetti al Csm l’ufficio studi si è spaccato. Buona lettura.
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A cura di Antonio Massari
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