MEDIO ORIENTE, L’IRAN LANCIA CENTO MISSILI SU ISRAELE. NETANYAHU ALLA POPOLAZIONE: “DOBBIAMO RESTARE UNITI”. SPARATORIA A JAFFA (TEL AVIV): 10 FERITI. Le sirene sono risuonate a Tel Aviv: l’Iran questa sdera ha lanciato più di 100 missili contro lo Stato ebraico. Una risposta dopo che l’esercito israeliano da ieri si è impegnato a smantellare le postazioni di Hezbollah al confine nord per permettere ai civili sfollati – in seguito al lancio dei razzi della milizia filo-Iran dall’8 ottobre, in sostegno ad Hamas – di rientrare nelle loro case. Il Comando dell’esercito israeliano ha confermato di aver effettuato già 70 mini incursioni e ritiene che l’operazione non poteva essere più rimandata perché Hezbollah era pronta ad entrare in Israele per un attacco in stile “7 ottobre”. Lo Stato ebraico, dopo aver richiamato altre brigate di riservisti, ha invitato i libanesi che abitano a Sud del Paese dei cedri ad andare via, e al momento sono quasi un milione le persone che sono partite per evitare di finire in mezzo alla battaglia. Israele conferma che l’operazione sarà “la più breve possibile. Non c’è alcuna intenzione da parte dell’Idf di rimanere nel Libano meridionale”. Netanyahu, il primo ministro israeliano, precedendo il lancio di razzi dell’Iran aveva lanciato un monito alla popolazione: “Ci attendono giorni difficili, stiamo uniti”. Sul Fatto di domani leggerete le ultime novità di cronaca dal Medio Oriente, compresa la sparatoria che c’è stata a Jaffa con due attentatori in azione e dieci feriti di cui alcuni gravi, e una intervista alla giurista della Corte penale internazionale Silvana Arbia, sulle scelte fatte da Netanyahu.
INCHIESTA ULTRAS MILAN-INTER, RISCHIO COMMISSARIAMENTO PER SOCIETÀ. MAROTTA: “SIAMO TRANQUILLI”. BERETTA: “SI INTERFACCIAVANO, ANCHE SUI BIGLIETTI”. “Se siamo tranquilli? Sicuramente sì”: il presidente dell’Inter, Giuseppe Marotta, risponde così ai cronisti, riguardo l’inchiesta milanese sul sodalizio criminale degli ultras di Milan e Inter. Ieri sono stati eseguiti 19 arresti, decapitando le organizzazioni delle tifoserie. Perquisito anche il rapper milanese 34enne Emis Killa, che non risulta indagato. Anche lui, come Fedez (non indagato), sarebbe legato all’ultrà rossonero Luca Lucci. Il rischio è che l’inchiesta si allarghi con il commissariamento delle due società meneghine. L’Inter rischia di più, per due motivi: il coinvolgimento della ’Ndrangheta (con il boss Bellocco) negli affari della curva e la telefonata tra mister Inzaghi e l’ultrà agli arresti Marco Ferdico; indizio delle pressioni sui dirigenti. Ferdico chiede all’allenatore almeno 200 biglietti in più per la finale di Champions a Istanbul, nel 2023, rispetto agli 800 concordati. Inzaghi risponde così: “Parlo con Zanetti, con Marotta, parlo con quelli poi ti faccio… Marco io mi attivo e ti dico cosa mi dicono”. Ferdico insiste: “È il direttore Marotta, lui ha l’ultima parola”. Alla fine, arriveranno 1500 biglietti. L’altro capo ultras nerazzurro agli arresti, Andrea Beretta, attraverso il suo legale ha commentato le relazioni con la società: “Erano a conoscenza delle problematiche, si interfacciavano, anche sulla questione biglietti”. Beretta è accusato anche dell’omicidio del ‘ndranghetista Antonio Bellocco, il 4 settembre scorso. Comparirà domani mattina alle 10 per il primo interrogatorio di garanzia in carcere a San Vittore davanti al gip di Milano, Domenico Santoro. Intanto, stasera l’Inter scende in campo a San Siro contro la Stella Rossa di Belgrado. Occhi puntati sul campo da gioco, ma anche sugli spalti per la (possibile) risposta della curva Nord. Sul Fatto di domani, nuove rivelazioni dall’inchiesta.
ASSANGE, IL PRIMO INCONTRO PUBBLICO DOPO LA CONDANNA: “LIBERO PERCHÈ COLPEVOLE DI GIORNALISMO, L’UE AGISCA O SARÀ TROPPO TARDI”. “Ho scelto la libertà sull’impossibilità di ottenere giustizia. Sono libero solo perché dopo anni di carcere mi sono dichiarato colpevole di giornalismo“. Il fondatore di WikiLeaks parla per la prima volta in pubblico dalla liberazione del giugno scorso. Aveva trascorso gli ultimi 14 anni prima recluso nell’ambasciata ecuadoriana a Londra, poi detenuto nel carcere britannico di alta sicurezza di Belmarsh (in attesa dell’estradizione negli Usa). Nel mezzo, un’accusa di stupro caduta nel vuoto. Julian Assange è arrivato al Consiglio d’Europa per testimoniare davanti alla commissione Affari giuridici e diritti umani del Parlamento. La sua testimonianza è iniziata dall’ammissione di colpevolezza, per il reato “di cospirazione al fine di ottenere e diffondere informazioni sulla difesa nazionale”. L’unico modo per porre fine al calvario. Ma anche un punto di non ritorno: “Vedo più impunità, più segretezza, più rappresaglie per aver detto la verità, e più autocensura. Difficile non tracciare una linea tra il governo degli Stati Uniti che attraversa il Rubicone criminalizzando a livello internazionale il giornalismo e il freddo clima attuale per la libertà di espressione”. L’audizione di Assange prelude alla discussione e al voto di domani, nel Parlamento Ue, sul rapporto della socialista islandese Thorhildur Sunna Aevarsdottir. Il documento esamina la detenzione e la condanna di Assange, ma anche il nefasto effetto della sua vicenda sul giornalismo. “La libertà di espressione si trova a un bivio oscuro. Temo che, a meno che istituzioni come il Consiglio d’Europa non si sveglino di fronte alla gravità della situazione, sarà troppo tardi“, è il monito di Assange. Sul Fatto di domani, il racconto del primo incontro pubblico dalla condanna di Julian Assange.
Ascolta il podcast di Stefania Maurizi sulla storia di Julian Assange.
LE ALTRE NOTIZIE CHE LEGGERETE
Giuseppe Conte: “Il campo largo non esiste più”. Dopo i malumori legati al voto sulla Rai e, ancor più, alla questione Regionali (Liguria, Umbria ed Emilia Romagna), il leader del M5S ha decretato la fine del campo largo: “Non sono disponibile ad affiancare il mio simbolo a quello di Renzi, che si è sempre distinto per distruggere, rottamare, prende i soldi dai governi stranieri, ed è all’origine della contaminazione tra affari e politica.
A Mirafiori non si torna in fabbrica fino a novembre, Stellantis conferma. L’azienda ha comunicato ai sindacati il prolungamento dello stop: la produzione della 500 elettrica alle Carrozzerie dello storico stabilimento torinese sarà sospesa fino al primo novembre. L’azienda ha spiegato che “persiste la mancanza di ordini”. Su Stellantis, ma non solo, sul giornale di domani leggerete un’intervista al leader di Azione, Carlo Calenda.
Bergamo, scoppiano gli pneumatici di un aereo Ryanair, danni a 450 metri di pista. Disagi all’aeroporto di Orio al Serio, chiuso dalle 8 di stamattina; un aereo Ryanair proveniente da Barcellona ha subito lo scoppio di quattro pneumatici del carrello posteriore, in fase di atterraggio. L’incidente ha provocato danni a 450 metri della pista. La società che gestisce lo scalo conta di riaprire al traffico entro questa sera.
Guerra Russia-Ucraina, Zelensky ammette: “Al fronte la situazione è difficile”. Il presidente Zelensky dopo un incontro con i suoi ufficiali ha ammesso che “al fronte la situazione è difficile”. Il problema riguarda le nuove unità che sono state mandate a combattere senza adeguato addestramento e si “bloccano” di fronte al nemico. I russi rivendicano l’ennesima conquista nel Donetsk, a Vulhedar, e proseguono a bombardare anche aree con civili: sei morti a Kherson.
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