Sul Fatto di domani, in primo piano, ancora il dilagare dei contagi, con un approfondimento sui numeri dell’Istituto Superiore di Sanità secondo cui “in 4 Regioni bisogna anticipare le misure restrittive”, che sono Emilia Romagna, Campania, Friuli Venezia Giulia e Veneto, e sui dati – spesso sospetti – inviati dalle amministrazioni regionali. Nel comparto parleremo ancora del caso Campania, con i numeri dei posti letto disponibili diversi da quelli in possesso al ministero della Salute: uno dei requisiti per cambiare o meno colore alla Regione. Poi andremo all’ospedale nella Fiera di Milano, dove sono stati portati dei pazienti, ma per assisterli sono stati spostati medici preecari dai nosocomi del capoluogo, di Monza e Varese, realtà in forte emergenza per la pandemia.
Il nostro Focus sarà sui vaccini: dopo le oscillazioni di Borsa di questi giorni, come le grandi case farmaceutiche si stanno muovendo per accumulare profitti, a farne le spese la ricerca e i paesi più poveri. Poi la struttura che si sta occupando di ricevere e organizzare la distribuzione dei vaccini in Italia.
In cronaca la proposta di far fare a Gino Strada il commissario alla sanità della Calabria, dopo i contatti intercorsi con il premier Conte. A seguire i nuovi guai giudiziari per il renziano Carrai, la moglie è indagata per riciclaggio per uno strano giro di soldi provenienti dal Togo. In economia il report agghiacciante sullo stato dei precari della ricerca, la maggior parte dei quali lavora senza essere pagato e non solo.
Negli esteri il contro-ritratto della Harris, di cui potete leggere un’anticipazione. Nelle pagine Radar le nostre firme, Selvaggia Lucarelli, che scrive sul virologo Bassetti e Marco Lillo che si occuperà della vicenda legata al palazzo sequestrato a Pietro Lo Sicco.
Nel secondo tempo Montanari sul saggio di Falcinelli (Einaudi), storia delle immagini dal Rinascimento a Instagram.
Sono 35.098 i nuovi casi di coronavirus accertati nelle ultime 24 ore, a fronte dei quasi 218 mila tamponi effettuati. Terribile balzo in avanti, invece, delle vittime, che sono state 580. La preoccupazione degli scienziati riguarda le terapie intensive, oggi salite di altre 122 unità. E mentre potrebbero arrivare nuove strette per altre regioni o in vista del Natale, la Procura di Cagliari indaga sull’apertura estiva delle discoteche (dopo la puntata di Report di ieri)
Kamala, la sceriffa amica di Wall Street
di Salvatore Cannavò
Il cambio di scena è netto: di là, accanto al presidente razzista e misogino, un vice che incarna il prototipo del conservatorismo americano. Di qua la prima vicepresidente afro-asian-americana.
Kamala Harris si presenta come l’elemento di maggior discontinuità nell’era post-Trump eppure il modo in cui la sua figura viene esibita dal circuito mainstream fa pensare a un maquillage per cui il genere e il colore della pelle vengono disgiunti dalle idee politiche.
I natali di Harris, in realtà, promettevano bene: nata a Berkley nel 1964, figlia di due accademici impegnati nel movimento per i diritti civili, l’aria della rivolta la respira nel passeggino. Con la laurea a Harvard e poi la Law School imbocca la carriera di avvocato ed entra nell’ufficio del procuratore di Oakland dove inizia il legame con l’alta società di San Francisco. E dove si fa la nomea di “sceriffa”: durante i primi tre anni di procuratore distrettuale il tasso delle condanne sale dal 52 al 67%.
A sostenere che Kamala Harris non fosse “un procuratore progressista” è il progressista New York Times in un articolo del 2019 a firma di Lara Bazelon, professoressa di diritto ed ex direttrice del Loyola School Project for the Innocent di Los Angeles. L’accusa è netta: “Quando i progressisti l’hanno esortata ad accettare le riforme della giustizia penale come procuratore distrettuale e poi procuratore generale dello Stato, la signora Harris si è opposta o è rimasta in silenzio”. La dura bacchettata riguarda l’atteggiamento aggressivo contro i genitori dei figli trovati a marinare la scuola, quasi tutti provenienti da famiglie della comunità nera a basso reddito.
Eppure, sul razzismo proprio lei era andata all’attacco di Biden rimproverandogli di essersi opposto alla politica del “busing”, cioè il trasporto dei ragazzi neri nelle scuole popolate dai bianchi. Qualche giorno dopo quel dibattito, però, il Washington Post dimostra che la sua posizione “non appare così distante da quella di Biden”.
(continua a leggere sul giornale di domani)
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