LA POLITICA ancora in primo piano sul Fatto di domani. Lunedì e martedì saranno i giorni della verità per il governo e in queste ore è in corso una vera e propria caccia grossa ai “costruttori” (c’è il primo parlamentare di Iv a rientrare nel Pd). L’Udc fa sapere di voler rimanere nel centrodestra e per la maggioranza che sostiene l’esecutivo potrebbe non essere facile arrivare a quota 161 in Senato. Anche perché esiste un tema Pd: il partito di Zingaretti, che è rimasto compatto attorno al premier, adesso chiede di poter contare maggiormente (il vicesegretario, Andrea Orlando: “Non si può pensare di governare con un numero in più”).
IL NOSTRO FOCUS sarà dedicato ai trasformisti: una delle polemiche che si è scatenata con l’apertura della crisi riguarda proprio coloro che potrebbero decidere di cambiare casacca pur di non far cadere il governo. Ma quanti sono coloro che, in tre anni di legislatura, hanno già fatto il salto? E quante maggioranze in passato sono andate avanti nonostante non avessero i 161 voti necessari?
L’ECONOMIA si occuperà dello scostamento di bilancio e delle divisioni all’interno dell’esecutivo che rischiano di manifestarsi anche sul tema dei ristori. Leggeremo poi una notizia che riguarda uno strano evasore: la Figc.
EMERGENZA COVID. Oltre all’analisi dei numeri di giornata, bisogna capire che succede sul fronte vaccini, dopo che Pfitzer ha annunciato una parziale marcia indietro sul ritardo nella produzione e nella distribuzione del farmaco. Esiste poi la questione varianti, in particolare quella brasiliana che adesso fa paura all’Europa: l’Italia blocca i voli.
IN CRONACA i nuovi sviluppi dell’inchiesta sui soldi della Lega e una notizia curiosa che riguarda la ricandidatura del sindaco di Milano, Beppe Sala.
GLI ESTERI ci porteranno in Spagna, perché quella che doveva essere una love story reale si trasforma adesso in una spy story. E poi in Germania, dove Armin Laschet è il nuovo presidente della Cdu: addio all’era Merkel, dunque, ma nel segno della continuità.
NELLA SEZIONE RADAR il consueto appuntamento della domenica con la satira di Daniele Luttazzi e un intervento di Massimo Fini sulla democrazia.
IL SECONDO TEMPO, infine, con una lunga intervista a Enrico Ruggeri, che esce con un nuovo brano su Chico Forti, e il contributo di Paolo Isotta alle celebrazioni per il centenario della morte di Leonardo Sciascia (di cui potete leggere di seguito un’anticipazione).
Scopri le nostre newsletter. Clicca qui
Sciascia come Manzoni: troppo cupi per il Nobel
di Paolo Isotta
L’unico sommo scrittore italiano che assomiglia più da vicino a Manzoni è Leonardo Sciascia, del quale in questi giorni cade il centenario della nascita. Sciascia, come Céline e Borges, non vinse il premio Nobel. Voi pensate che l’avrebbero dato a Manzoni, con la sua totale disperazione, con la sua invocazione a una “Provvidenza” nella quale non crede? Manzoni, grandissimo nevrotico, a non dir di più, aveva trovato nella “Provvidenza” una precaria fonte di equilibri nella quale credere per sopravvivere giorno per giorno. Ci credeva veramente? Non è possibile. La mia idea è che fosse un ateo fatto e finito il quale, proprio perché la sua psiche non esplodesse, si attaccava disperatamente all’idea di Dio. Infatti, le sole autentiche verità vi si ritrovano in bocca allo scettico e vile Don Abbondio.
Sciascia (come Borges) era ateo senza che ciò rappresentasse per lui una difficoltà. La sua disperazione non era minore da quella di Manzoni; ma era totale, relativa all’uomo e alla vita. Ecco perché non gli hanno dato il Nobel, sovente premio di stolido ottimismo e di fiducia nella fondamentale bontà dell’animo umano che cozza col principio stesso di realtà. Sbagliarono quando lo conferirono a Pirandello, non quando (seppure varcassero l’eccesso del ridicolo) a Dario Fo. I disperati non hanno lì diritto di cittadinanza. Il numero dei cretini è così ampio che Sciascia e Borges sarebbero stati i primi a sbalordire vedendoselo conferire. Certamente Pirandello, per quanto gli convenisse, come Don Abbondio “non sapeva più in che mondo si fosse”. Identifica Manzoni e Sciascia non solo la disperazione, celata nell’uno, non nascosta nell’altro. È il gusto della minuziosa ricerca storica, quanto più possibile precisa, quanto più possibile acribica.
Scrivici a: newsletter@ilfattoquotidiano.it
|