GUERRA RUSSIA-UCRAINA, CONCLUSA LA STORICA TELEFONATA TRUMP-PUTIN. MOSCA E CASA BIANCA SODDISFATTE, PUTIN: “DISPOSTO A COLLABORARE PER LA PACE, MA STOP ALLE ARMI PER KIEV”. Alle ore 16 l’anchor della Cnn Kaitlan Collins annuncia su su X: “Trump e Putin sono al telefono da quasi un’ora. La telefonata è ancora in corso”. Poi è arrivata la conferma del Vice capo di gabinetto della Casa Bianca, Dan Scavino, ancora sul social di Elon Musk: “Succede ora. Il presidente Trump è attualmente nello Studio Ovale che parla con il presidente russo Vladimir Putin dalle 10”, le 15 in Italia. Circa alle 17,40, le prima agenzie sulla fine del colloquio: durato quasi tre ore, secondo fonti della Casa Bianca. Scavino si era già espresso su X a telefonata in corso: “Sta andando bene”. Anche la Russia ha lasciato trapelare soddisfazione: la Cnn cita fonti della Federazione per ribadire come la telefonata tra Trump e Putin sia andata “molto bene”. I due leader concorderebbero l’obiettivo: una pace duratura. Il presidente russo ha riaffermato “l’impegno fondamentale per una risoluzione pacifica del conflitto in Ucraina”, dicendosi “disposto a collaborare con Trump per la pace”. Ad una condizione: alt all’invio di armi in Ucraina. Il Cremlino ha dichiarato di aver ordinato lo stop agli attacchi sulle infrastrutture energetiche in Ucraina per trenta giorni. Ma a gelare il clima, durante il colloquio, è arrivato il post su Telegram di Andriy Yermak, capo dello staff del presidente Zelensky: “L’Ucraina non discuterà di uno status neutrale o di una riduzione del numero delle nostre forze armate. Non riconosceremo mai alcun territorio temporaneamente occupato come russo”. Un modo per ribadire il No di Kiev alla trattativa Trump-Putin. Il primo passo verso la tregua è arrivato l’11 marzo, a Gedda in Arabia Saudita, quando Zelensky ha espresso il suo favore alla proposta Usa di un cessate il fuoco. Il 13 marzo, Putin ha aperto alla tregua, “ma solo se porta a una pace a lungo termine e alla rimozione delle cause della crisi”. Così si è arrivati allo storico colloquio telefonico Trump-Putin. Sul Fatto di domani vi racconteremo la cronaca e le implicazioni del dialogo. Il colloquio peserà sul Consiglio europeo previsto per domani: il vecchio continente mantiene la postura del riarmo, con il Piano von der Leyen. Oggi la presidente della Commissione ha ribadito: “entro il 2030 l’Europa deve essersi riarmata”.

SENATO, IL MONDO SECONDO MELONI: ITALIA A FIANCO DI KIEV SENZA SCONTENTARE TRUMP. SPESE BELLICHE: “SENZA DIFESA NON C’È SICUREZZA” MA “AL PIANO REARM VA CAMBIATO NOME, E NON TAGLIEREMO I SERVIZI PER LE ARMI”. La premier Meloni è intervenuta al Senato per le comunicazioni, in vista del Consiglio europeo del 20 e 21 marzo. I temi più delicati sono stati la guerra nell’Est e il piano Rearm europeo. Meloni ritiene che nella sua maggioranza non ci siano spaccature, sebbene la Lega abbia detto no al piano di spese belliche proposto da Ursula von der Leyen. Allo stesso tempo, la premier evidenzia il desiderio di non inimicarsi il presidente americano Trump, nonostante le sue decisioni poco inclini a proteggere l’Ucraina a tutti i costi. Così, secondo Meloni “è lo stallo sul campo che oggi può portare ai negoziati della pace e penso si debba rivendicare con orgoglio il sostegno compatto e determinato al popolo ucraino. Dunque salutiamo positivamente questa fase e sosteniamo lo sforzo avviato dal presidente Trump”. L’Italia rivendica “la totale condanna della brutale aggressione all’Ucraina, così come il nostro sostegno al popolo ucraino, non sono mai stati in discussione, fin da quella terribile notte del 24 febbraio 2022 che ha scioccato il mondo”. Ma, nello stesso tempo, è necessario restare sulla scia di Washington perché “non è possibile immaginare una garanzia di sicurezza duratura dividendo l’Europa e gli Stati Uniti”. E qui si arriva al capitolo sulle spese belliche. “Rafforzare le nostre capacità di difesa significa occuparsi di molte più cose rispetto al potenziamento degli arsenali” ma, sostiene la premier “al Piano Rearm bisogna cambiare nome, e non è solo una questione semantica”. Meloni riserva anche una battuta alle opposizioni: “Lascio ad altri la grossolana semplificazione per cui aumentare la spesa della sicurezza significa tagliare i servizi o il welfare”. Sul giornale di domani leggerete la cronaca dell’intervento della premier in Senato e le reazioni dei partiti.

MEDIO ORIENTE, A GAZA È DI NUOVO GUERRA. ISRAELE ATTACCA HAMAS: “SI RIFIUTA DI LIBERARE GLI OSTAGGI”. PER I PALESTINESI i MORTI “SONO 400”. I PARENTI DEI PRIGIONIERI SI SCHIERANO CONTRO IL PREMIER NETANYAHU. Niente più tregua nella Striscia di Gaza. L’esercito israeliano nella notte ha ripreso i combattimenti per colpire “cellule terroristiche, basi di lancio, depositi di armi e infrastrutture militari utilizzate dalle organizzazioni terroristiche per pianificare ed eseguire attacchi contro civili israeliani e soldati”. Ufficialmente, l’Idf ha deciso di agire per costringere Hamas a rispettare gli impegni e liberare gli ostaggi. Una linea sostenuta dagli Stati Uniti: il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale, Brian Hughes, dichiara: “Hamas avrebbe potuto rilasciare gli ostaggi per estendere il cessate il fuoco, ma invece ha scelto la guerra”. Ma c’è anche un altro aspetto: Hamas ha approfittato di queste settimane per riorganizzarsi, e l’intelligence israeliana temeva un nuovo attacco in stile 7 ottobre. Secondo gli aggiornamenti forniti dal ministero della Salute di Gaza – controllato da Hamas – almeno 404 palestinesi sono stati uccisi e altri 562 sono rimasti feriti. Come fonte indipendente, c’è Medici Senza Frontiere, che testimonia: “Sembra di essere tornati ai primi giorni di guerra”. Israele ha reagito in modo diverso a questa ripresa del conflitto: i parenti degli ostaggi che sono ancora in mano agli islamisti – 59, di cui 36 dichiarati morti – hanno contestato il premier Netanyahu, accusandolo di aver condannato i loro cari a non rivedere la luce. L’estrema destra invece applaude, e il partito Otzma Yehudit, la forza politica dell’ex ministro della Sicurezza nazionale, Itamar Ben Gvir. Rientra nella coalizione. Sul Fatto di domani leggerete la cronaca degli eventi e un approfondimento sulle tensioni in Medio Oriente anche alla luce delle scelte del presidente americano Trump.
LE ALTRE NOTIZIE CHE LEGGERETE
Roma, chiesto il rinvio a giudizio per quattro medici in merito alla morte del giornalista Andrea Purgatori. La Procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio per quattro medici che ebbero in cura il giornalista Andrea Purgatori, morto nel luglio 2023. L’ipotesi di reato è omicidio colposo e riguarda il radiologo Gianfranco Gualdi, il suo assistente Claudio Di Biasi, la dottoressa Maria Chiara Colaiacomo, entrambi appartenenti alla sua equipe, e il cardiologo Guido Laudani. L’udienza preliminare si terrà il 19 settembre.
Potenza, scossa di terremoto di magnitudo 4.2: nessun danno, ma scuole chiuse e treni fermi. La scossa è stata avvertita alle 10 del mattino, registrata in territorio di Vaglio di Basilicata, a pochi chilometri da Potenza. Il sindaco del capoluogo lucano, Vincenzo Telesca, ha sospeso le attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado, tranne l’Università. “Al momento – ha reso noto l’ufficio stampa dell’amministrazione comunale – non è stata comunicata alcuna segnalazione di danni a persone o cose”. La protezione civile regionale sta monitorando la situazione e ha comunicato che la circolazione ferroviaria è stata bloccata temporaneamente e in via precauzionale tra Tito e Potenza. I treni Intercity e regionali possono registrare ritardi e subire cancellazioni o limitazioni di percorso.
La lettera del Papa dall’ospedale: “Dobbiamo disarmare le parole per disarmare le menti e la Terra”. Bergoglio, ricoverato al Gemelli di Roma, interviene nel dibattito pubblico con una lettera datata 14 marzo, pubblicata oggi dal Corriere della Sera, sul tema del riarmo. “Dobbiamo disarmare le parole, per disarmare le menti e disarmare la Terra. C’è un grande bisogno di riflessione, di pacatezza, di senso della complessità”, scrive Francesco. “La guerra non fa che devastare le comunità e l’ambiente, senza offrire soluzioni ai conflitti, la diplomazia e le organizzazioni internazionali hanno bisogno di nuova linfa e credibilità”. Il Pontefice ha sottolineato la sua condizione di degente: “La fragilità umana, infatti, ha il potere di renderci più lucidi rispetto a ciò che dura e a ciò che passa, a ciò che fa vivere e a ciò che uccide”. Poi un appello ai giornalisti e al mondo dell’informazione: “Sentite tutta l’importanza delle parole. Non sono mai soltanto parole: sono fatti che costruiscono gli ambienti umani. Possono collegare o dividere, servire la verità o servirsene”.
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