LA QUESTIONE COVID in primo piano sul Fatto di domani, con le Regioni che si preparano alla distribuzione dei vaccini. Andremo a vedere cosa succederà nel Lazio, in Lombardia e in Campania. Sempre nel comparto un approfondimento sulla volata della Germania che ha firmato contratti diretti con le aziende farmaceutiche, rompendo il fronte europeo. Poi ancora il tema dei no vax nella sanità e nella pubblica amministrazione: la costituzionalista Carlassare ci guiderà lungo il crinale tra scelta individuale del medico e interesse collettivo. I dati di giornata: 11.212 nuovi contagi, 659 morti.
IL FOCUS sarà dedicato ai migliori e ai peggiori personaggi che si sono evidenziati nel corso della drammatica vicenda del Covid.
NELLA POLITICA la nostra intervista a Maurizio Landini della Cgil: una discussione sul caso Renzi, sul Recovery e sulla vaccinazione (o meno) dei lavoratori. Intervista che ci porta al tema del giorno, ossia lo scontro tra Italia Viva e Conte. Daremo conto degli incontri con le delegazioni di Pd e M5S, sempre sulla gestione degli aiuti europei. Poi la strategia del presidente del Consiglio per sottrarsi dalla morsa di Renzi e il difficile cammino dei 5Stelle per la creazione di una segreteria che sembra sempre più debole. Poi i singolari auguri del Dem Marcucci a Renzi, messaggio che ha fatto sollevare parte del partito. In tema amministrative andremo a Torino, dove un personaggio assai noto sta muovendo le sue pedine.
NELLA CRONACA una nostra inchiesta sulla destra eversiva che punta alle cliniche.
NELL’ECONOMIA il caso Facebook: la società ha annunciato che lascerà l’Irlanda, dove paga tasse irrisorie, anche perchè inseguita dagli esattori Usa. L’occasione per fare un punto sui big di internet e il loro cattivo rapporto con il fisco. Poi l’accordo commerciale che la Germania sta stringendo con la Cina, vedremo perchè.
NEGLI ESTERI il caso Epstein, con l’intervista a John Sweeney, giornalista investigativo britannico. Poi in Spagna con il bilancio di un anno di governo Sanchez.
NEL RADAR il nostro Gad Lerner intervista Furio Colombo che a giorni compie 90 anni, un viaggio nella vita di un grande personaggio che ha conosciuto mezzo mondo (di cui vi forniamo un’anteprima).
NEL SECONDO TEMPO una rilettura dello sboccato e a tratti osceno Aristofane. Poi il ricordo dello scomparso Pierre Cardin con foto e contributi di Umberto Pizzi.
I 90 anni di Furio Colombo che ha dato del tu alla storia
di Gad Lerner
“Se ti capita, come a me, di nascere il 1 gennaio, sarà il capodanno a prevalere sul compleanno. Ma stavolta ne faccio novanta tondi – che dici? – forse qualcosa da raccontare ce l’abbiamo…”.
Accidenti, Furio Colombo, se ne hai da raccontare! Per esempio: con chi hai festeggiato i tuoi trent’anni nel 1961? Ti dò un aiutino, eri all’Hotel Nacional de l’Avana.
Ma certo, venne lì Che Guevara e ci scarrozzò su un’automobilaccia americana, con frenate improvvise in giro per la città su strade piene di buche. Con me c’erano Jean-Paul Sartre, Simone de Beauvoir e Françoise Sagan, venuti a festeggiare il primo anniversario della rivoluzione cubana. Con il Che arrivammo sulla terrazza di un vecchio palazzo coloniale da cui Fidel Castro tenne il suo discorso. E lì conobbi anche Camilo Cianfuegos.
Beato te. Dall’incredibile galleria di incontri che hai raccolto in “La scoperta dell’America” (Aragno) apprendo che a New York avevi già intervistato Eleonor Roosvelt, preso il caffè con Marilyn Monroe, stretto amicizia con Martin Luther King e i Kennedy.
Per scoprire quell’America, che fin da bambino identificavo col mito della libertà, avevo lasciato un’ottima posizione al telegiornale della Rai e fatto mia la sfida di un imprenditore illuminato, Adriano Olivetti.
In Rai eri entrato nel 1954 a Torino vincendo un concorso insieme ai tuoi inseparabili amici Umberto Eco e Gianni Vattimo. Il giornalismo era la vostra vocazione?
Macché, quel concorso lo avevamo fatto per gioco. La mia passione era la letteratura, la loro era la filosofia. Umberto era stato fra i primi italiani a leggere Joyce e ci spronava a imitarlo. Non cercavamo un lavoro, lo avevamo già: eravamo curiosi. Ci attraeva la nascita di un media radicalmente nuovo, la televisione, con la medesima forza attrattiva esercitata oggi da internet.
E allora perché cinque anni dopo ti lasci convincere da Adriano Olivetti alla nuova avventura?
Perché Olivetti era un uomo straordinario, non solo per capacità imprenditoriale ma per visione sociale. Lo incontravo nella sede romana di piazza di Spagna, dove lui arrivava da Ivrea come si trattasse di un’ambasciata in terra straniera. Gli intimarono di cedere le azioni dell’Espresso altrimenti lo Stato italiano non avrebbe più comprato le sue macchine per scrivere. Lo fece a malincuore, cercava nuovi orizzonti.
(continua a leggere sul giornale di domani)
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