Sul Fatto di domani in primo piano ancora l’emergenza covid. Oltre all’analisi dei numeri di giornata e a un approfondimento sull’inchiesta di Report (in onda stasera) sulle mail imbarazzanti che riguardano il direttore dell’Oms, Ranieri Guerra, lavoreremo sugli assembramenti, dopo le scene viste nel fine settimana appena trascorso: chi deve vigilare? E come si stanno attrezzando le grandi città in vista del periodo natalizio (e del prossimo dpcm)? Sempre a proposito di coronavirus, Selvaggia Lucarelli ha intervistato il veterinario di Arezzo (del cui caso si è interessato Jovanotti la settimana scorsa), Alberto Brandi, dimesso oggi dall’ospedale dopo quindici giorni di ricovero.
L’Economia si occuperà della riforma del Mes: stamattina in audizione e oggi pomeriggio all’Eurogruppo, il ministro Gualtieri ha annunciato il Sì dell’Italia “senza veti”. Mal di pancia tra i 5S, adesso si cercano i numeri al Senato. Prosegue anche il dibattito politico attorno alla maxi cabina di regia che sarà chiamata a gestire, come da annuncio del premier Conte, i soldi del Recovery Fund.
Il nostro Focus sarà dedicato al Consiglio europeo dove, secondo un’inchiesta di Investigate Europe, manca totalmente la trasparenza.
In Politica il dibattito alla Camera sulla riforma del dl Sicurezza, sulla quale il governo ha posto la fiducia, e un’intervista alla neo assessora pugliese del M5S, Rosa Barone. In Cronaca la terribile storia che viene da Monza, dove due ragazzini di 14 e 15 anni sono stati fermati perché sospettati di aver ucciso un uomo con venti coltellate.
Gli Esteri torneranno in Francia perché, sia che commetta violenze sia che le subisca, la polizia è diventata un polarizzatore di sentimenti. Oggi Macron ha annunciato che sarà interamente riscritto l’articolo della legge che proibisce la diffusione “malevola” di riprese video o immagini degli agenti. Negli Stati Uniti, invece, 87 milioni di lavoratori rischiano di perdere l’accesso ai congedi retribuiti per il covid.
Nella sezione Radar, un intervento di Paolo Flores d’Arcais su Finitudine, il romanzo in cui il filosofo Tempo Pievani narra l’incontro di Albert Camus con Jacques Monod. Nel Secondo Tempo, infine, la figura di Barbara Sanseverino, dama cinquecentesca dedita a sesso, gossip e congiure, e il racconto dell’Aids nella letteratura, nella giornata mondiale contro la malattia (di seguito potete leggerne un’anticipazione).
Sono 16.377 i nuovi casi accertati in Italia nelle ultime 24 ore con 130.524 tamponi processati. Decessi ancora alti: 672 i morti. Tornano a salire i ricoveri: 308 persone in più in ospedale. Mentre cala il saldo tra ingressi e uscite in terapia intensiva: -9. Risale anche il rapporto tra positivi e tamponi: oggi è 12,5%, contro l’11,6% di ieri. Il presidente dei rianimatori: “Aggiungere nei parametri la tenuta delle terapie intensive. Correggere gli errori o la terza ondata sarà peggiore”.
Foucault ride, Tondelli tace: la letteratura racconta l’Aids
di Angelo Molica Franco
Durante una cena tra amici, nel gennaio ’81, lo scrittore Edmund White racconta ai suoi convitati, tra cui Michel Foucault, che un dispaccio del 5 gennaio di un’agenzia epidemiologica ha descritto lo stato di cinque pazienti gravi ricoverati in California con sintomi comuni: febbre, perdita di peso, disturbi respiratori. I medici non sanno ancora dare un nome alla malattia di quegli uomini che in comune hanno pure l’essere gay. La prima reazione di Foucault è ridere. Lo stesso White lo ricorda in “Un giovane americano” (1982): “Hanno trovato la cosa talmente divertente che sono scoppiati a ridere. Non mi hanno creduto”.
Ci vorranno ancora mesi perché il termine Aids venga adottato in medicina, ma da subito si paventa l’idea di un castigo divino per la colpa del sesso così definito “contro natura”. Per questo, al contrario di quanto avvenuto con la mors syphilitica nell’Ottocento – che ha innescato in letteratura una specie di fascinazione maledetta –, l’Aids non si pronuncia. Non a caso, lo stesso Sciascia nel 1987 si chiede: “Quale rappresentazione daranno dell’Aids gli scrittori del nostro tempo?”.
La letteratura omosessuale, dalla gioiosa stagione degli Anni 70 grazie ai best-seller dello scrittore francese Roger Peyrefitte, si tinge di nero. Così, nei romanzi americani degli Anni 80 nessuno osa proferirne il nome. I protagonisti de “Il linguaggio perduto delle gru” (1986) di David Leavitt sono giovani gay newyorkesi che evitano di avere frequentazioni o rapporti sessuali: hanno paura che “la peste dei gay” che ha colpito molti amici e conoscenti becchi anche loro. La prima infrazione al silenzio – sempre più roboante – è la testimonianza. Per questo, si mette in prima linea Susan Sontag che in “Come viviamo adesso” (1986), oltre a rivelare che l’Aids è anche una questione femminile, pittura l’impatto della malattia nella comunità intellettuale di New York. Lo stesso fa nel commovente “La sinfonia dell’addio” White, che ha pure il merito di deflagrare l’idea di castigo quando scrive: “Non chiedo perdono per i miei desideri carnali”.
(continua a leggere sul giornale di domani)
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