PNRR, SALTA IL DECRETO PER LE ASSUNZIONI DELLA P.A. LA LEGA CONTINUA LA GUERRIGLIA INTERNA. Doveva andare giovedì in Consiglio dei ministri con le migliori intenzioni e un pacchetto da 3 mila assunzioni e stabilizzazioni per rinforzare i dipartimenti addetti al Pnrr. Poi però la bozza del decreto sulla P.a. annunciato stamattina dal governo è stata fermata più volte in commissione Bilancio al Senato, Palazzo Chigi ha avvisato che il numero delle assunzioni sarebbe stato molto ridimensionato e alla fine il testo è stato ritirato dall’ordine del giorno del Cdm di giovedì. Sullo sfondo c’è lo scontro tra Lega e Fratelli d’Italia sull’uso dei fondi Pnrr, esploso ieri quando Giorgia Meloni è dovuta correre a smentire il capogruppo della Lega Riccardo Molinari che ipotizzava di rinunciare a una parte dei soldi. Il leghista oggi ha ribadito il concetto: “Se Meloni dice che riusciremo a spenderli stappiamo lo spumante, altrimenti meglio non spenderli piuttosto che impiegarli male”. Che non sia una posizione personale lo confermano le dichiarazioni di Claudio Borghi, capogruppo della Lega in commissione Bilancio del Senato, che oggi spiega: “Noi della Lega non siamo mai stati dei fan del Pnrr. L’Europa ci presta dei soldi che dovremo restituire e non sappiamo nemmeno a quale tasso”. Matteo Salvini, finora silente, alla Stampa estera oggi ha detto che il suo obiettivo “è spendere tutti i fondi e bene”. Poi ha parlato di progetti ereditati che sarebbero irrealizzabili. Il ministro meloniano Raffaele Fitto, che oggi ha visto i sindaci, si è detto disponibile a riferire in Aula come avevano chiesto le opposizioni. Sul Fatto di domani vedremo chi ha scritto le parti del piano che sono in ritardo, ricordando un problema strutturale delle carenze della pubblica amministrazione. Torneremo anche sul capitolo nomine: Barbara Floridia del M5S è stata eletta presidente della Vigilanza Rai, e avrà Maria Elena Boschi e la meloniana Augusta Montaruli come sua vice.
SICILIA, IL GRANDE SPRECO: TORNANO LE PROVINCE. La Sicilia si appresta a restaurare le province. “È un’esigenza sentita non soltanto in Sicilia, ma in tutto il Paese”, ha esultato il presidente Renato Schifani (Forza Italia), presentando ieri il disegno di legge al Parlamento regionale. Le province saranno sei, più le città metropolitane di Palermo, Catania e Messina. Gli elettori potranno scegliere nelle urne il presidente della giunta come nei comuni. I territori più popolosi (sopra il milione di abitanti) avranno 36 consiglieri e fino a 9 assessori. Per gli enti locali con meno di 500.000 abitanti, 24 consiglieri e giunte fino a sei assessori. Le province andarono in pensione nel 2014 grazie alla legge Delrio, ma conservano compiti fondamentali come l’edilizia scolastica, la manutenzione delle strade e i trasporti locali. Oggi il presidente e i consiglieri lavorano senza alcun compenso e sono eletti dai sindaci e dai consiglieri dei comuni del territorio. Le destre puntano al ritorno delle province con l’alibi della democrazia: gli elettori devono tornare a scegliere. In commissione Affari costituzionali giacciono diverse proposte, con i ministri Casellati e Calderoli impegnati ad armonizzarli. Con le 107 province italiane potrebbero tornare 2.500 cariche pubbliche. Sul Fatto di domani vi racconteremo i grandi sprechi in Sicilia e la restaurazione in arrivo.
LA GUERRA DI ELLY A VINCENZO DE LUCA. L’EFFETTO SCHLEIN IN FRIULI NON S’È VISTO. L’effetto Schlein, in Friuli Venezia Giulia, non si è visto. All’ombra del plebiscito per il bis di Fedriga, M5s e Partito democratico hanno raccolto meno del previsto. Nessuno si aspettava la vittoria, ma qualche voto in più sì. Sommando i voti giallorosa si arriva al 30%, meno del 33 delle elezioni politiche dell’autunno scorso. Il Movimento ha incassato il 2,4% mentre i dem è sotto il 17%, in calo rispetto al 18,1% delle elezioni regionali del 2018 e al 19 delle elezioni politiche. Certo, senza Schlein forse i dem sarebbero naufragati. Il prossimo test per il Nazareno saranno le comunali di maggio: si apriranno le urne in 791 città per oltre sei milioni di persone. Meloni ha messo nel mirino alcune roccaforti amministrate dalla sinistra come Brescia, Ancona, Latina e Catania. Nel frattempo è guerra aperta in Campania tra la nuova segretaria e il governatore Vincenzo De Luca. Ieri è saltato l’incontro tra il commissario regionale Antonio Misiani e il presidente della giunta: colloquio rimandato dopo la Pasqua. Le parti restano in trincea: De Luca vuole ricandidarsi per il terzo mandato, da solo o con i dem; Schlein non ci pensa neppure a sostenerlo e potrebbe perfino far cadere la giunta campana. L’altra grana per la leader è il rinnovo della segreteria dosando il bilancino tra le correnti. Dopo la nomina dei capigruppo – Francesco Boccia al Senato e Chiara Braga alla Camera – l’ex renziano Lorenzo Guerini aveva tuonato contro le “forzature” di Schlein. Ora le minoranze si aspettano qualche posto in più. Sul Fatto di domani vi racconteremo la corsa a ostacoli della neo segretaria dem.
LA FINLANDIA NELLA NATO, LA RUSSIA ANNUNCIA CONTROMISURE. ATTENTATO AL BLOGGER: “È TERRORISMO”, MOSCA INSISTE SULLA RESPONSABILITÀ DI KIEV. Helsinki è da oggi ufficialmente il 31esimo membro dell’Alleanza Atlantica. I protocolli di adesione della Finlandia, ratificati dagli altri membri, sono stati consegnati al Dipartimento di Stato di Washington, depositario del Trattato. Da Biden a Stoltenberg, l’evento è salutato come un passo storico. Anche per la Russia, che con Shoigu si dice costretta ad adottare contromisure. E mentre Kiev coglie la palla al balzo per chiedere che si discuta il futuro ingresso della Nato in Ucraina, il segretario della Nato non perde occasione di ricordare agli Alleati l’impegno ad alzare la spesa militare al 2% del Pil, oltre a rinnovare gli aiuti militari a Kiev. Sul Fatto di domani analizzeremo il nuovo scenario che si apre con l’allargamento della Nato alla Finlandia. Torneremo anche sul caso dell’attentato dinamitardo di San Pietroburgo, che ha provocato domenica la morte del blogger Tatarsky. Darya Trepova, la 26enne fermata con l’accusa di essere responsabile dell’attentato è stata formalmente accusata di terrorismo. Dall’interrogatorio a cui è stata sottoposta emergerebbe che consegnare il busto sarebbe stata una sorta di prova da sostenere per essere assunta in una testata giornalistica di Kiev. Alcuni video diffusi oggi mostrano la donna consegnare la statuetta a Tatarsky, sedersi a pochi metri dal blogger su suo invito e fuggire disorientata dopo l’esplosione. Il leader della Wagner Prighozin è stato oggi nel bar distrutto.
LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE
Gas, i consumi in Italia ridotti del 20%. Se i prezzi del gas si sono potuti stabilizzare è stato grazie alla forte riduzione dei consumi degli italiani, non all’aumento delle rinnovabili auspicato, dove rimaniamo al palo.
Trump, il giorno del giudizio. L’ex presidente sarà in tribunale alle 20.15 ora italiana, dopo l’udienza rientrerà a Mar-a-Lago in Florida da cui terrà un discorso. Ha fatto sapere di ritenere che il processo per il caso del pagamento alla pornostar dovrebbe essere spostato nella vicina Staten Island, evitando il tribunale di Manhattan.
Bruxelles, blitz della polizia alla sede del Ppe. Il Partito popolare europeo ha confermato che le autorità belghe e tedesche hanno visitato la sede del partito a Bruxelles, nell’ambito di un’inchiesta sui fondi di un deputato Cdu aperta in Germania.
L’imprenditore russo evaso dai domiciliari è in Russia. È tornato a Mosca il manager Artyom Uss, fuggito in modo rocambolesco dagli arresti domiciliari a Milano. 40 anni, figlio del governatore della vasta regione russa di Krasnoyarsk nella Siberia orientale, era stato arrestato con un mandato di cattura emesso dagli Stati Uniti per aver violato le sanzioni occidentali. Mosca ha revocato il mandato d’arresto spiccato in contumacia nel 2022 per riciclaggio.
Inchiesta Covid, Nordio manda gli ispettori in procura. Dopo le interviste rilasciate agli organi di stampa, il pubblico ministero di Bergamo – Alberto Chiappani – riceverà un’ispezione dal ministero della Giustizia. Lo ha annunciato il sottosegretario alla Giustizia Andrea Ostellari, per verificare che non siano state violate le norme sulla presunzione di innocenza.
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C’è la siccità, ma i big delle minerali estraggono a costo (quasi) zero
di Elisabetta Ambrosi
Nell’anno della grande siccità, il 2022, quando numerosi comuni e città italiane hanno subito il razionamento dell’acqua, c’è un tipo di prelievo idrico che nel nostro paese non è diminuito, anzi, ha subito una crescita del 4,1%. Si tratta dell’acqua minerale, il cui prelievo a fini di produzione, nel 2022, è stato di quasi 19.8 milioni di metri cubi. Le estrazioni, come spiegano le statistiche dell’Istat sull’Acqua 2020-2022 (le ultime disponibili), si concentrano per oltre la metà del totale al nord (53,5%, 10,6 milioni di metri cubi, con un indicatore di intensità di estrazione doppio rispetto al nazionale) e al sud per il 23%, soprattutto nell’Appennino meridionale. Ma anche in regioni come l’Umbria il prelievo è importante (1,3 milioni di metri cubi) e in generale nell’Appennino centrale (13,6% dei prelievi del paese).
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