LA SCELTA DEL PD: CENTRISMO O GIALLOROSA. CALENDA “VENITE CON ME”. AL FATTO PARLA MASSIMO D’ALEMA. C’è un sondaggio di Swg che scava più profondo il fossato sotto i piedi di Enrico Letta. Tra gli elettori del Pd il 30% ha votato i dem per provare a battere la destra, il 25% perché si considera europeista e il 21% perché l’ha sempre votato. Non proprio un successo della campagna allarmista del “o noi o loro”. Oltretutto la “paura” di Giorgia Meloni è già dimezzata tra gli italiani: se prima del 25 settembre il 30% temeva un governo a guida Meloni, ora la percentuale è ridotta al 13%. Chi ha votato Fratelli d’Italia l’ha fatto principalmente per la coerenza (il 40% degli elettori), mentre un elettore su due ha scelto il M5s perché guidato da Giuseppe Conte. La popolarità del leader pentastellato è un tema che spacca anche il Pd, in vista del congresso. Insieme agli appelli per lo scioglimento si palesano infatti le voci che chiedono ai dem di non tornare indietro nel dialogo con il Movimento. Anche Carlo Calenda preme, e in una lettera a Repubblica si rivolge ai “cari amici del Pd” per chiedergli di scegliere tra lui e Conte. Sottinteso: meglio optare per Calenda e il centrismo. Comunque, come vedremo sul Fatto di domani ormai anche Conte sembra aver chiuso definitivamente la porta al dialogo con questi dem. Sul rapporto tra i giallorosa come elemento dell’identità del Pd degli ultimi anni leggerete domani il punto di vista di Massimo D’Alema, che intervistiamo in esclusiva.
SALVINI LA SPARA GROSSA: 4 MINISTERI, FLAT TAX E PENSIONI. GELO DA MELONI. La Lega, riunita oggi in consiglio federale, ha stilato la sua lista di richieste per la formazione del prossimo governo di centrodestra. Alcune sono filtrate alle agenzie. Il partito di Matteo Salvini avrebbe “opzionato” quattro ministeri: Interno, Riforme, Agricoltura e Infrastrutture. A Salvini pieno mandato per condurre le trattative. E l’unità si vede dalla dichiarazione di Giorgetti, che ha fatto un endorsement al segretario leghista come “candidato naturale al Viminale”. Il Capitano è ripartito a testa bassa anche con le sue richieste su flat tax e riforma delle pensioni, le misure bocciate ieri da Confindustria e che Giorgia Meloni vorrebbe mettere da parte almeno nella prima finanziaria, da scrivere in velocità. L’altro tema di discussione che agita i rapporti nella colazione è quello dei ministeri tecnici: Meloni ne ha bisogno per accreditarsi con l’Europa e con i mercati, Forza Italia e i leghisti sono restii. Nel pomeriggio, mentre Meloni incontrava Roberto Cingolani alla Camera per preparare le prossime mosse contro il caro energia, un big di FdI come Fabio Rampelli ribadiva che “di tecnici c’è bisogno” e confermava la collaborazione tra l’esecutivo uscente di Draghi e quello entrante. Ignazio La Russa ha provato invece a rassicurare gli alleati dicendo che il prossimo sarà “sicuramente un governo politico che potrà giovarsi, perché no, di un numero, certamente non grande, di persone che non hanno messo la loro faccia in campagna elettorale”. Sul Fatto di domani vedremo anche gli altri motivi di scontro tra gli alleati.
L’UE E L’ENERGIA: OGNUNO PER SÉ E TUTTI CONTRO LA GERMANIA (E VON DER LEYEN). Stanno crescendo i malumori tra i 27 per la linea tedesca su gas e piano energia. Alla fuga in avanti del piano da 200 miliardi, si aggiunge l’ennesima frenata imposta da Berlino sulle proposte di azione comune contro i rincari. Il ministro delle Finanze tedesco Lindner, che con i suo colleghi partecipava all’Ecofin in Lussemburgo, ha già bocciato la proposta avanzata dai commissari europei Paolo Gentiloni e Thierry Breton di agire sui prezzi del gas e dell’elettricità come per la pandemia: con una sorta di Recovery plan, che prenderebbe la forma di una replica del fondo Sure. Anche i Paesi Bassi si sono dichiarati contrari. E infatti a fine riunione l’esito è la solita perifrasi per temporeggiare. “Abbiamo discusso” la proposta e “ci sono pareri divergenti. Dobbiamo trovare una soluzione europea e continueremo a discutere”. La prossima riunione sarà quella dei capi di Stato e di governo di Praga tra due giorni. Un collega di Gentiloni e Breton, il commissario all’economia Dombrovskis del resto sembra contrario quanto i tedeschi sull’emissione di nuovo debito comune. Insomma, riprende forma il solito partito dei “falchi” anti-debito, dove la Germania di Scholz guida sicura il convoglio. Come vedremo sul Fatto di domani però anche la presidente della Commissione Ursula von der Leyen comincia a finire nel mirino degli scontenti dell’attendismo europeo, perché è considerata troppo allineata sulle posizioni di Berlino. A metà ottobre la Commissione ammorbidirà comunque le regole sugli aiuti di Stato. Sempre sul giornale di domani approfondiremo la questione delle forniture di gas a disposizione dell’Italia con un’intervista al chimico ed esperto di energia del Cnr Nicola Armaroli, che spiega perché un taglio netto agli approvvigionamenti di gas dalla Russia sarebbe un problema grave per il nostro Paese: resteremmo senza 5 miliardi di metri cubi di metano necessario per il fabbisogno dei prossimi mesi.
RISCHIO NUCLEARE, MENTRE AVANZA LA CONTROFFRENSIVA DI KIEV. Le truppe ucraine avanzano nell’area di Kherson, mentre la minaccia di un’escalation nucleare resta concreta. Secondo il quotidiano britannico Times, Putin starebbe preparando un test nucleare al confine con l’Ucraina. Il giornale cita un rapporto della Nato inviato ai Paesi dell’Alleanza atlantica. A rafforzare i timori, un video circolato sulle chat filorusse di Telegram: le immagini mostrano un convoglio russo mentre trasporta materiali per armi nucleari. Il video sarebbe stato geolocalizzato nell’area della Capitale russa, Mosca, a migliaia di chilometri dal confine con l’Ucraina. Secondo fonti della Difesa occidentale, “nessuna indicazione sui movimenti nucleari”. Ma la paura resta. Secondo l’ex direttore della Cia Bill Burns “Putin con le spalle al muro può essere pericoloso”. Si fa sempre più cruciale capire se il Cremlino stia bluffando o meno sull’utilizzo della bomba atomica. Ufficialmente, Mosca potrebbe usarla “solo in accordo con la sua dottrina militare”. Intanto, Zelensky ha firmato il decreto che vieta il negoziato con Putin e disconosce le annessioni russe nelle regioni di Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Kherson. Il presidente Usa Biden ha telefonato all’omologo ucraino per garantire le forniture di Himars e armi annunciate giorni fa. In Italia, il ministro della Difesa Lorenzo Guerini ha illustrato al Copasir il quinto decreto interministeriale per inviare altre armi a Kiev.
LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE
Morte di un rider, domani lo sciopero. A Firenze i ciclofattorini si fermeranno dopo la morte sul lavoro del loro collega Sebastian Galassi, 26enne studente che ha perso la vita il 2 ottobre in un incidente stradale mentre consegnava cibo. A sostegno della protesta tutte le sigle confederali. La Cgil ha chiesto alla cittadinanza di non ordinare piatti a domicilio in quella giornata. L’azienda si è scusata per l’automatismo increscioso che ha portato l’algoritmo dell’app a inviare un messaggio di licenziamento sull’account del giovane dopo il decesso, perché non rispettava gli orari di lavoro.
Riecco il Covid. Oltre 58 mila nuovi casi e 60 decessi, con l’indice che sfonda quota 20%. I dati del ministero raccontano un’impennata del virus.
Gli “interventi” di Houellebecq. Anticipiamo un brano dall’ultima raccolta dello scrittore francese da oggi in libreria per La nave di Teseo.
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