ABRUZZO, IL COMIZIO DI MELONI CON LA “ZAVORRA” SALVINI-TAJANI. BASILICATA, CHIORAZZO CORRE DA SOLO E SPACCA IL CENTROSINISTRA. Con le elezioni in Abruzzo, domenica prossima, Giorgia Meloni si gioca il suo futuro a Roma, nel fortino di palazzo Chigi. Perciò avrebbe preferito, secondo i rumors, un comizio senza la “zavorra” di Salvini e Tajani. Per vincere, tuttavia, serve il centrodestra unito, anche solo in apparenza. Dunque Meloni ha chinato il capo: il palco di Pescara è pronto, i militanti assiepati in attesa del comizio dei tre leader per Marco Marsilio, il governatore uscente di marca meloniana. Ma la premier vuole “ballare da sola”. Prima del comizio pescarese è andata a Teramo, senza i due vicepremier, per incontrare un gruppo di imprenditori alla camera di commercio. La leader di Fratelli d’Italia teme che il vento della Sardegna gonfi le vele del centrosinistra, ma si mostra sicura: “Nessun effetto Sardegna, sono molto ottimista”. Il rischio è che una fetta di elettorato progressista, sfiduciata fino all’astensionismo, potrebbe ritrovare vigore e tornare alle urne per sostenere Luciano D’Amico, ex rettore dell’università di Teramo. È il candidato civico del centrosinistra unito, in un campo larghissimo da Fratoianni a Renzi. La coalizione include Verdi-Sinistra, M5s, Pd, Azione e Italia Viva. In Basilicata, invece, il centrosinistra è incartato sul nome di Luciano Chiorazzo, sponsorizzato da Roberto Speranza. Su di lui vige il veto del M5s, ma anche Azione e una parte del Pd remano contro. Eppure, a Un giorno da Pecora su Radio1, Chiorazzo ha annunciato che correrà a prescindere, con il rischio di spaccare le opposizioni. Neppure il centrodestra ha sciolto la riserva sul governatore uscente, il forzista Vito Bardi. Ma la priorità ora è l’Abruzzo. L’avezzanese Gianni Letta – ex gran visir di Berlusconi – avrebbe lanciato l’allerta: “D’Amico può vincere”. Sul Fatto di domani vi racconteremo la campagna delle destre con un ritratto di Marco Marsilio: il romanissimo governatore a caccia del bis, paracadutato da Colle Oppio all’Abruzzo grazie ai buoni uffici di Giorgia Meloni.
SÌ BIPARTISAN ALLA MISSIONE NEL MAR ROSSO, A GAZA E A KIEV. QUANTO CI COSTA L’IMPEGNO ALL’ESTERO. Camera e Senato hanno dato via libera oggi alla missione nel Mar Rosso, votando le risoluzioni promosse dal governo. Come avevamo anticipato sul Fatto di oggi, anche le opposizioni hanno votato a favore, con l’eccezione soltanto di Alleanza Verdi e Sinistra. L’accordo con il M5s (il Pd aveva già detto di sì) si è trovato dopo che il ministro degli Esteri Antonio Tajani aveva garantito che l’intervento in Mar Rosso sarà “esclusivamente difensivo”, a differenza di quello a guida statunitense e britannica. Nella risoluzione si legge che Aspides “persegue gli obiettivi di contribuire alla salvaguardia della libera navigazione e alla protezione delle navi mercantili in transito nell’area”. Il traffico di navi container occidentali nel mar Rosso si è drasticamente ridotto (quelle cinesi e russe passano indenni perché gli Houthi non le attaccano): se l’anno scorso in questo periodo passavano da Suez circa 500 mila container, oggi ne passano 90 mila, secondo gli ultimi dati. Oltre alla missione nello stretto di Bab Al Mandab, il Parlamento ha approvato anche l’invio di aiuti internazionali per Gaza e in Ucraina. La prima è la missione Levante, finalizzata a “fronteggiare una potenziale escalation nel conflitto Israele-Hamas”, inclusi interventi umanitari, e la seconda si chiama “Euam Ukraine” ed è finalizzata a sostenere l’Ucraina nelle riforme dell’assetto dello Stato per rientrare nei parametri di adesione all’Ue. Il fabbisogno finanziario totale ammonta a poco meno di 46 milioni di euro da qui al 2025, con 834 militari dispiegati. Sul Fatto di domani vedremo nel dettaglio i conti delle missioni.
LA COMMISSIONE UE PRESENTA IL PIANO PER ARMARE L’EUROPA E CAMBIA I CONNOTATI DELL’UNIONE. La Commissione europea ha presentato stamattina a Bruxelles il programma per l’industria della difesa Edip. Mossa, si spiega, che risponde all’invasione russa dell’Ucraina. Il piano prevede di destinare 1,5 miliardi di euro del budget dell’Ue per il 2025-2027. L’Edip è un piano per l’acquisto congiunto di armamenti, che ingloberebbe gli altri fondi come l’Asap per le munizioni e ha l’ambizione di rappresentare il primo mattone della costruzione di una Difesa comune europea. Gli Stati membri sono invitati a procurarsi almeno il 40% delle attrezzature e dei dispositivi per la difesa in modo “collaborativo” entro il 2030, ad aumentare il valore degli scambi commerciali tra Stati membri dell’Ue e puntare ad avere almeno il 50% del bilancio per gli appalti della difesa all’interno dell’Ue entro il 2030, il 60% entro il 2035. Il miliardo e mezzo stanziato è solo un primo passo. Il commissario per il mercato interno Thierry Breton oggi ha dichiarato che per raggiungere gli obiettivi serviranno 100 miliardi. Alcuni Stati, tra cui la Francia, il Belgio e l’Estonia, propongono di trovarli con nuovi eurobond, sul modello del Recovery fund post-Covid. C’è ancora margine per discuterne. Il progetto della Commissione dovrà essere approvato dall’Eurocamera e poi, soprattutto, dai singoli governi. La difesa “deve rimanere una responsabilità nazionale – ha dichiarato lunedì Breton ai media francesi – Non si tratta di cambiare i trattati, ma di lavorare meglio insieme nel quadro dei trattati”. Secondo gli analisti siamo ancora allo stadio delle parole, non dei fatti. Resta però, come ha sintetizzato Politico.eu che “oggi l’Unione europea ha smesso di essere un progetto solo di pace”. Per qualcun altro, leggi per il centrodestra europeo, potrebbe essere il modo di marcare il passo tra di un’Unione esclusivamente economica e una che comincia a essere anche politica. E infatti non è detto che le cancellerie dei 27 saranno d’accordo. Sul Fatto di domani leggerete un’analisi di questa strategia.
GAZA, BLINKEN (USA): “MILIZIANI ACCETTINO TREGUA IMMEDIATA, SERVE ALLA POPOLAZIONE”. L’ONU: “IL 7 OTTOBRE HAMAS FU RESPONSABILE DI STUPRI. E LE VIOLENZE SUGLI OSTAGGI PROSEGUONO”. Il ministro israeliano Benny Gantz, in visita negli Stati Uniti, traccia un futuro assetto di Gaza che non coincide con quello del suo primo ministro Netanyahu, che ha sempre parlato di una presenza permanente dell’esercito nella Striscia. Invece Gantz, principale rivale politico di King Bibi, come racconta il quotidiano Haaretz, “ha insistito sull’importanza di agire oggi per creare un’amministrazione internazionale in cooperazione con i Paesi della regione per promuovere i processi di normalizzazione”. Dunque, una gestione affidata anche ai vicini arabi di Israele. Benny Gantz, prima di andare a Londra per un meeting con il ministro Cameron, ha incontrato il segretario di Stato, Blinken: quest’ultimo ha evidenziato che c’è l’opportunità “per un cessate il fuoco immediato che può riportare a casa gli ostaggi, e che può aumentare drasticamente la quantità di assistenza umanitaria che arriva ai palestinesi”. Per questo ha sollecitato Hamas “a decidere se vuole impegnarsi in questo cessate il fuoco”. Intanto l’Onu ha completato la sua indagine su quanto accadde il 7 ottobre, durante la strage firmata da Hamas con 1.200 morti e centinaia di ostaggi, che diede il via al conflitto, giunto al 151° giorno. Pramila Patten, rappresentante speciale delle Nazioni Unite, scrive che ci sono “fondati motivi” per ritenere che “stupri di gruppo” siano avvenuti in “almeno tre luoghi”: il festival musicale Supernova, il Kibbutz Rèim e la Route 232. Le prove indicano che la maggior parte delle vittime sono state “prima sottoposte a stupro, e poi uccise”. Il dossier si occupa anche degli ostaggi tenuti a Gaza da Hamas – per Israele sono ancora 134 – e sottolinea che ci sono “informazioni chiare e convincenti” secondo cui i prigionieri sono stati violentati, e lo sono ancora. Hamas ha rifiutato queste accuse. Sul giornale di domani leggerete altri particolari sul conflitto in Medio Oriente che coinvolge anche il Libano e le azioni di Hezbollah.
LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE
Dossier all’Antimafia, Cantone e Melillo al Copasir giovedì. Meloni: “Fatti gravissimi, la libertà di stampa non c’entra”. “Ritengo gravissimo che in Italia ci siano dei funzionari dello Stato che hanno passato il loro tempo a violare la legge facendo verifiche su cittadini, comuni e non, a loro piacimento per poi passare queste informazioni alla stampa, e in particolare ad alcuni esponenti della stampa”. Così si è espressa oggi Giorgia Meloni sull’inchiesta della procura di Perugia sulle ricerche abusive nei database della procura nazionale antimafia su politici e vip. “Utilizzare così le banche dati pubbliche non c’entra niente con la libertà di stampa”. Il presidente della Lazio Claudio Lotitto vuole dare la sua versione sulla vendita della Salernitana calcio, tra gli eventi oggetto di raccolta informazioni, e ha chiesto di essere sentito dai pm. Il Copasir, che si è riunito oggi, ha deciso di ascoltare i procuratori Giovanni Melillo e Raffaele Cantone nella giornata di giovedì, dopodomani: erano gli stessi magistrati ad aver chiesto di essere ascoltati.
Attacco a Tesla in Germania. Il gruppo estremista di sinistra Vulkan ha rivendicato di aver appiccato il fuoco a un traliccio dell’elettricità nei pressi di una fabbrica Tesla vicino a Berlino, come protesta contro la casa automobilistica americana. Il gruppo era già sospettato di aver appiccato un incendio doloso alla rete elettrica nel cantiere della stessa fabbrica nel 2021. “Questi o sono gli eco-terroristi più stupidi sulla Terra o sono burattini di coloro che non hanno buoni obiettivi ambientali. Interrompere la produzione di veicoli elettrici è estremamente stupido”, è stato il commento di Elon Musk sul suo social X.
Stupro di Palermo, la prima condanna è 8 anni e 8 mesi. È stato condannato a otto anni e otto mesi di carcere il più giovane autore dello stupro di gruppo al Foro Italico di Palermo, avvenuto il 7 luglio scorso ai danni di una 19enne. Il ragazzo, unico under 18, è stato processato con rito abbreviato davanti al gup del Tribunale per i minorenni. Anche gli altri sei presunti stupratori, tutti maggiorenni, hanno chiesto l’abbreviato: il giudizio inizierà ad aprile.
Bimbi con due mamme, il Tribunale di Padova: “Gli atti di nascita non si possono cancellare”. I figli di coppie omosessuali concepiti con la procreazione assistita, dunque con due genitori donna senza l’ausilio della gestazione per altri, continueranno ad avere le stesse mamme anche per la legge. Lo ha stabilito il tribunale di Padova, rigettando la richiesta della procura di cambiare i certificati di nascita. La vicenda era nata da una circolare del Viminale, dopo una sentenza a sezioni Unite della Cassazione: gi ermellini si erano espressi sul caso di due papà imponendo la rettifica degli atti di nascita. Dopo l’indicazione di Piantedosi, il 19 giugno 2023 la procura di Padova aveva impugnato 33 atti di nascita.
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Contratto poco green con l’Arabia Saudita: colosso francese Edf nella bufera
di Luana De Micco
NESTOR è il nome della futura centrale idroelettrica “verde” che EDF, il colosso energetico francese, si appresta a costruire in Arabia Saudita, in pieno deserto, per alimentare in elettricità la megalopoli futuristica di NEOM, che si sta tirando su dal niente nella provincia di Tabuk, al confine con la Giordania. NEOM, un progetto da 500 miliardi di dollari, rientra nella strategia del principe ereditario saudita Mohammed bin Salman di diversificare l’economia dal petrolio, anche se per il momento il Paese del Golfo resta il secondo produttore di greggio al mondo (dopo gli Stati Uniti). Nel 2021, l’Arabia Saudita si è posta l’obiettivo di raggiungere la neutralità carbonica entro il 2060. E, stando alla comunicazione ufficiale, la futura città, puntando esclusivamente sulle rinnovabili, sarà a zero emissioni di CO2. Ed è qui che entra in campo NESTOR, una centrale idroelettrica a pompaggio di tecnologia STEP, come già ne esistono in Francia, che ha la caratteristica di poter immagazzinare energia in modo sostenibile oltre che di produrla.
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