BOJO SI ARRENDE: SI DIMETTE DA LEADER ED È PREMIER A TEMPO. Parlando alla nazione davanti al n.10 di Downing street, Boris Johnson ha rassegnato formalmente le sue dimissioni da leader dei conservatori britannici, dopo che negli ultimi giorni l’intero partito gli si è rivoltato contro con una raffica di addii che hanno terremotato il governo a seguito di uno scandalo sessuale. Johnson però intende restare in carica come primo ministro fino all’elezione del suo successore alla guida dei Tories, che per le convenzioni della politica britannica diventerà premier. La favorita per rimpiazzarlo sembra essere Liz Truss, soprannominata “la nuova Tatcher”, ma il passaggio di consegne non avverrà prima di ottobre, per via delle ferie del Parlamento. La prospettiva delle elezioni anticipate è considerata molto improbabile dagli analisti. “Lascio ma non avrei voluto”, ha detto Bojo oggi. E poi ha descritto i suoi colleghi di maggioranza che gli hanno chiesto un passo indietro come un “gregge che si è mosso tutto insieme”. Sul Fatto di domani, oltre a raccontare questa pessima giornata per BoJo, ricostruiremo quali sono stati gli errori fatali che l’hanno portato alla rovina (lo scandalo Pincher, il Partygate, la gestione del Covid) e, soprattutto, i dossier più scottanti che lascia in eredità a chi gli succederà: questioni molto dibattute come il trattato di scambio con l’Irlanda post-Brexit, la gestione dell’inflazione e, last but not least, la posizione ultra-bellicista sulla guerra in Ucraina.
L’UCRAINA, LA COSTITUZIONE E I “SIGNORI DELLA GUERRA”: A COLLOQUIO CON GUSTAVO ZAGREBELSKY. Tra i leader più dispiaciuti per le dimissioni di Johnson spicca Volodymyr Zelensky. “Ci mancherai”, avrebbe detto il presidente ucraino al premier britannico, che lo aveva chiamato nel giorno delle dimissioni per ribadire che l’Ucraina continuerà comunque a godere di un “irriducibile sostegno bipartisan”. Mosca, al contrario, con il portavoce del Cremlino Peskov, si augura che verrà nominato qualcuno di “più professionale”: “Al primo ministro Boris Johnson non piace la Russia e a Mosca non piace il premier britannico.” Sul Fatto di domani continueremo a seguire la guerra sul campo con un reportage da Sloviansk. La nave russa Zhibek Zholy, accusata di trasportare grano ucraino rubato, è stata liberata da Ankara e ha lasciato le acque di fronte al porto turco di Karasu. Per Kiev è inaccettabile e ha convocato l’ambasciatore turco. Sul Fatto di domani a proposito di guerra e di rispetto della costituzione leggerete la prima parte di un ampio colloquio di Silvia Truzzi con Gustavo Zagrebelsky.
NIENTE CRISI SUL DECRETO AIUTI: SÌ DELLA CAMERA, MA CONTE METTE IN FORSE LA FIDUCIA AL SENATO. L’aula di Montecitorio ha dato via libera alla fiducia chiesta dal governo sul decreto Aiuti con 410 sì. Conte aveva annunciato il voto in mattinata, ma non ha confermato che il Movimento farà la stessa cosa al Senato, dove il provvedimento deve arrivare entro la prossima settimana: “Vedremo” è la posizione per il momento. Le regole di Palazzo Madama sono diverse da quelle della Camera: mentre a Montecitorio il voto di fiducia è scorporato dal voto finale (che su dl Aiuti sarà lunedì), quindi è possibile votare la prima e astenersi sul provvedimento, al Senato il testo di legge si dovrà votare in blocco. E a quel punto i pentastellati potrebbero decidere di uscire dall’Aula e astenersi, secondo quanto riferiscono le fonti. Sul Fatto di domani daremo conto della riflessione all’interno del Movimento, e faremo intervenire le nostre firme per valutare temi e prospettive della lettera consegnata ieri da Conte a Draghi. Guarderemo poi anche la situazione interna alla Lega, dove Salvini organizza una riunione dopo l’altra con i parlamentari e i vertici per mantenere salda la sua presa sul partito, e guarda con apprensione alle mosse del M5S perché sa che uno strappo potrebbe metterlo in difficoltà.
COVID, TROPPI POSITIVI NEGLI OSPEDALI. I contagi aumentano in Italia, come i ricoveri ordinari e in terapia intensiva. Enrico Coscioni, presidente di Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) avvisa che i pronto soccorso esplodono e che “rispetto alla stessa settimana di luglio dello scorso anno abbiamo 100 volte in più di contagi e ricoveri 4 volte superiori”. Il bollettino settimanale della Fondazione Gimbe va nella stessa direzione. Rispetto alla settimana scorsa, tra il 29 giugno e il 5 luglio i contagi sono saliti del 55%; i ricoveri ordinari e le terapie intensive del 33% e 36% e i decessi +18,4%. Anche il ministero della Salute prevede un aumento dei ricoveri, infatti ha inviato una circolare alle Regioni in cui chiede di adeguare i posti letto di area medica. Pierpaolo Sileri preannuncia invece l’arrivo a ottobre di vaccini aggiornati alle varianti per gli over 60. Sul Fatto di domani continueremo a raccontare la crisi degli ospedali, dove i medici chiedono di cambiare le regole per non essere travolti dai positivi asintomatici.
LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE
Strada dei parchi, addio concessione. Il Consiglio dei ministri ha revocato la concessione dell’Autostrada dei Parchi per ” per grave inadempimento del concessionario”, riprendendo il controllo di A24 e A25. Per il ministro Patuanelli è “un provvedimento storico”.
Marmolada, 11 tra morti e dispersi. Il bilancio della tragedia, ormai quasi definitivo, è di 10 morti e una persona ancora dispersa. Zaia afferma che le ricerche andranno avanti anche per recuperare materiale utile alle indagini. Dall’Ue arriva un’offerta di aiuto, oltre al riconoscimento che “il tragico evento della Marmolada è solo un ultimo esempio dei rischi di catastrofi legati all’aumento delle temperature e ai cambiamenti climatici”.
Verbali di Amara, la versione di Ermini. Il vicepresidente del Csm David Ermini è stato sentito come teste al processo nei confronti di Piercamillo Davigo e ha ammesso di aver parlato dei verbali di amara con Mattarella. “Riferii tutto quello che mi disse Davigo e lui non fece commenti”.
Voto di scambio, indagato braccio destro di De Luca. C’è anche il consigliere regionale della Campania Carmine Mocerino, della lista De Luca, tra le otto persone iscritte nel registro degli indagati dalla Procura di Napoli in un’inchiesta su una presunta compravendita di voti che sarebbe avvenuta in occasione delle regionali del 2020. Il pagamento contestato è di 10 mila euro.
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