Prosegue l’appuntamento con la newsletter Il Fatto Economico. Questa settimana, oltre agli articoli del nostro inserto, pubblichiamo un’indagine del Financial Times sulle nuove tendenze dei media digitali, a partire dagli Stati Uniti e dalle novità in casa New York Times. Con il ribaltamento degli schemi pubblicitari, per i siti di informazione è finita l’epoca in cui l’obiettivo principale era produrre traffico sul sito e ora bisogna andare alla ricerca di lettori fidelizzati e abbonamenti.
Dal mondo delle critpovalute, Nicola Borzi fa il bilancio dell’anno da record del settore della blockchain applicata alla finanza: le transazioni sono esplose, ma i livelli di sicurezza restano insufficienti. Adesso per gli Stati e le grandi istituzioni finanziarie è tempo di regole.
Buona lettura.
Financial Times: La nuova era dei media digitali, in fuga dai click e a caccia di abbonati
di Anna Nicolaou e Alex Barker
La settimana scorsa il New York Times ha speso più di mezzo miliardo di dollari per comprare una start-up di notizie sportive fondata soltanto cinque anni fa. Contemporaneamente, il giornale ha perso uno dei suoi editorialisti di punta, Ben Smith, che ha deciso di tentare la fortuna lanciando una nuova di piattaforma di notizie.
Entrambe queste vicende sono indicative dello stato dei media digitali: settore disseminato di sogni falliti e intriso di pessimismo, dove però è arrivata una nuova ondata di speranza, che alcuni esperti considerano il cambiamento più significativo degli ultimi anni. “Siamo entrati in una fase frenetica di innovazione, sia all’interno delle aziende di media consolidate che sul fronte delle start-up”, dice Douglas McCabe, analista di Enders.
La nuova generazione di start-up è diversa da quella che risale alla metà degli anni 10, fatta di aziende ossessionate dalle visualizzazioni di pagina e pronte a dare ai lettori contenuti gratis per raggiungere il pubblico più ampio possibile. Al contrario delle loro cugine più grandi, le imprese mediatiche del 2020 condividono la convinzione che il giornalismo sia un lavoro che va pagato, e che oggi la tecnologia consente ai singoli autori di instaurare relazioni dirette con i lettori, come fanno gli influencer dei social media con i loro follower.
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