Prosegue l’appuntamento con la newsletter Il Fatto Economico. Nel nostro inserto questa settimana ci occupiamo di privatizzazioni: ricorrono 30 anni da quel 1992 in cui la politica decidere di svendere asset pubblici per fare cassa (e favori a imprenditori amici). L’inchiesta del Financial Times torna sulla questione Twitter e fa i conti in tasca ai finanziatori di Elon Musk nella colossale operazione di acquisto, poi abortita. Le banche perderanno quasi 200 miliardi di commissioni promesse. E a Wall Street la cosa non fa piacere. In tema di lavoro e diritti, pubblichiamo una lettura di Salvatore Cannavò dei documenti presentati dalle varie aree della Cgil per il congresso del sindacato.
Buona lettura
FT: Twitter, la marcia indietro di Musk costa alle banche miliardi di commissioni
di Joshua Franklin
I finanziatori di Elon Musk a Wall Street, che hanno accettato di prendere parte all’acquisizione di Twitter da 44 miliardi di dollari, sono piuttosto nervosi in questi giorni: con il naufragio dell’operazione perderanno una delle fonti di guadagno più consistenti dell’anno.
La posta in gioco è molto più alta dei 13 miliardi di dollari di prestito a margine (margin loan) garantito a Musk per raggiungere la cifra necessaria all’acquisto di Twitter. Le banche che hanno lavorato all’accordo, Morgan Stanley, Goldman Sachs, JPMorgan Chase, Bank of America, Barclays e Allen & Co avrebbero dovuto guadagnare 191,5 milioni di dollari in commissioni. Secondo i dati degli analisti di Refinitiv, questo sarebbe stato lo stock di commissioni più consistente del 2022 a Wall Street, e il terzo più grande dal 2020.
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