Prosegue l’appuntamento con la newsletter Il Fatto Economico. Dopo le liti sugli incentivi per l’auto elettrica, tra il governo Meloni e il gruppo Stellantis è calato il gelo. Ettore Boffano analizza le prospettive del colosso ex Fiat e dell’industria in Italia, dense di incognite. A partire dal mistero sui nuovi modelli da costruire negli stabilimenti italiani di Mirafiori, Pomigliano, Cassino. Nessuna certezza neppure sui piani del governo nel settore automotive, a parte l’intenzione di condurre nei confini italiani un secondo produttore.
Del resto, sul destino degli impianti italiani di Stellantis, le nubi sono fosche mentre la cassa integrazione prosegue. Del resto, la dinastia Agnelli è sempre più lontana da Torino, dilaniata dalla causa sull’eredità che rischia di colpire il cuore dell’impero.
Giulio da Silva racconta l’evoluzione del gruppo: l’industria pesa sempre meno, la finanza cresce a dismisura a scapito della manifattura. Exor è diventata una fabbrica di utili investendo nel lusso, nella sanità, nelle tecnologie. Anche se il gioiello che macina profitti resta Ferrari. Le perdite arrivano solo dai giornali e dal calcio: attività collaterali al business.
L’affare delle auto elettriche, per il momento, vive grazie agli incentivi e ai sussidi necessari per correggere i fallimenti del mercato. Mauro Del Corno racconta la guerra tra gli Stati – a colpi di “aiutini” per l’industria – per rispondere all’offensiva cinese.
Buona lettura
Bitcoin, la nuova arma geopolitica di Pechino in Africa
di Nicola Borzi
Anche le criptovalute rientrano tra gli strumenti di pressione a disposizione della diplomazia di Pechino per favorire l’espansione degli interessi cinesi in Africa, nonostante proprio l’estrazione di bitcoin stia mettendo a repentaglio l’accesso all’elettricità in uno dei Paesi più poveri del mondo. I “minatori” di bitcoin dalla Cina si stanno riversando in Etiopia, racconta il quotidiano di Hong Kong pubblicato in inglese South China Morning Post. A favorire la loro migrazione sono due fattori: l’energia a basso costo e il clima ideale. Il tutto nonostante il bando all’utilizzo delle criptovalute deciso sia da Pechino che da Addis Abeba.
(Continua)
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