Prosegue l’appuntamento con la newsletter il Fatto Economico. Questa settimana, oltre agli articoli del nostro inserto, pubblichiamo un’analisi del Financial Times sui flussi di abbonati di Netflix. I grafici confermano una teoria basica ma importante: gli utenti non si muovono in base all’attrattiva dei contenuti, ma valutando costi e benefici sulla base del loro portafoglio. Per la nostra rubrica sulle criptovalute Virginia Della Sala analizza le notizie sulla discesa e salita delle monete virtuali e dei pericoli delle stablecoin.
Buona lettura
Financial Times: il problema di Netflix non è la concorrenza, ma i prezzi degli abbonamenti
di Patrick Mathurin e Anna Nicolaou
Quando il mese scorso Netflix ha rivelato di aver perso abbonati per la prima volta in dieci anni, tutti si aspettavano che i servizi di streaming concorrenti avrebbero festeggiato, pronti ad aprire le porte ai delusi della piattaforma.
Negli ultimi anni, i colossi dei media tradizionali hanno ingaggiato una guerra aperta contro Netflix, trasformandola in una missione. I dati del primo trimestre del 2022 indicano che l’offensiva ha avuto un qualche successo: Netflix ha perso 200 mila abbonati, mentre Disney Plus ne ha guadagnati quasi 8 milioni. Persino il cofondatore di Netflix Reed Hastings, che per anni ha negato che le altre piattaforme rappresentassero una minaccia per la sua azienda, di recente ha ammesso che la concorrenza ha in catalogo “alcuni show e film molto buoni”.
Tuttavia, i dati elaborati dalla società britannica di ricerche di mercato Ampere Analysis suggeriscono che il problema di cui Netflix deve preoccuparsi non sono i nuovi film della Pixar o le serie di HBO, ma i problemi di budget familiare dei suoi utenti, dato che sembra essere la chiave di questo travagliato trimestre vissuto dal colosso americano dello streaming.
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