Prosegue l’appuntamento con la newsletter Il Fatto Economico. Oltre agli articoli del nostro inserto, questa settimana con la traduzione dal Financial Times ci occupiamo di musica: gli investitori hanno preso d’assalto il mercato dei diritti d’autore comprando cataloghi per miliardi di dollari, le canzoni pop sono diventate una nuova classe di asset. Poi, però, è scoppiata la crisi e la speculazione è venuta a galla. Nella consueta rubrica sulle criptovalute, invece, Nicola Borzi analizza i tre fattori che hanno portato al crollo delle monete virtuali.
Buona lettura
FT: Wall Street ha trasformato la musica in una bolla speculativa
di Anna Nicolaou e Kaye Wiggins
“Abbiamo un sacco di impegni, un sacco di contratti con realtà diverse. Una volta o due a settimana arrivano nuovi fondi”. Per Barry Massarsky, esperto di numeri per le pop star e le etichette discografiche, la finanziarizzazione della musica è stata un grande affare. “Il mio socio scherza e mi dice: ‘non rispondere!’ È pazzesco, il mercato è esplosivo”.
Chi ha lavorato con Massarsky lo descrive come un eterno ottimista – un ex cliente lo ha paragonato a quel personaggio del film Jerry Maguire che dice: “Adoro alzarmi la mattina. Batto le mani e dico: ‘Oggi sarà un grande giorno’”. Ma nonostante la laurea alla Cornell Business School aveva trascorso più di 10 anni da precario in un settore che versava in uno stato di malessere cronico.
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