Prosegue l’appuntamento con la newsletter Il Fatto Economico. Oltre agli articoli del nostro inserto, questa settimana dal Financial Times pubblichiamo un long form di John Plender che riflette sul fallimento della globalizzazione liberista nel creare un mondo più pacifico. Nella consueta rubrica sulle criptovalute, invece, Virginia Della Sala ci racconta l’iniziativa russa contro le sanzioni: è allo studio una bozza di legge per autorizzare le operazioni transfrontaliere in moneta elettronica.
Buona lettura
Financial Times: perché la globalizzazione non ha reso il mondo più sicuro
di John Plender
Diceva Winston Churchill: “La storia del genere umano è la guerra. Tranne che per brevi e precari intermezzi, non c’è mai stata pace nel mondo e, prima che la storia cominciasse, le lotte omicide erano universali e senza fine”. Negli ultimi decenni, l’élite dei politici e degli imprenditori che si ritrovavano ai meeting di Davos e interloquivano direttamente con i leader occidentali hanno sostenuto il contrario. Dopo la caduta del Muro di Berlino nel 1989 è prevalso un consenso quasi unanime sul fatto che la pace fosse la condizione naturale del mondo sviluppato e che la globalizzazione fosse immune da rischi geopolitici.
Questa fiducia si è estesa alla convinzione che generare prosperità attraverso il mercato favorisse la democrazia nei Paesi in via di sviluppo. Idea che ha avuto un ruolo importante nella decisione dell’Occidente di accogliere la Cina nell’economia globale e di concederle l’adesione all’Organizzazione mondiale del commercio nel 2001. C’è una una logica, naturalmente, che però riecheggia le parole del Giulio Cesare di Shakespeare quando chiede solo “uomini grassi intorno” per timore dello “sguardo magro e affamato” del suo futuro aguzzino Cassio. Lo straordinario clima di internazionalismo liberale ottimista diffuso dopo la guerra fredda è stato accompagnato da un notevole compiacimento da parte dei banchieri centrali e degli economisti mainstream, che hanno potuto vantarsi per la stagione di calo della volatilità macroeconomica, tanto da soprannominarla “Grande Moderazione”. Dopo questa fase è arrivata la grande crisi finanziaria del 2007-2009.
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