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4 Aprile 2022
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Prosegue l’appuntamento con la newsletter il Fatto Economico. Questa settimana, oltre agli articoli del nostro inserto, pubblichiamo un editoriale del Financial Times che analizza la strategia commerciale degli Stati Uniti dopo la guerra in Ucraina: invece di promuovere la transizione verde, Washington sta provando ad accaparrarsi sempre più quote di produzione di petrolio al livello mondiale. Dal mondo cripto, Virginia Della Sala ci racconta la campagna di varie associazioni ambientaliste per individuare un modo meno inquinante per produrre i Bitcoin, il cosiddetto mining. Infine, per i lettori di Extra pubblichiamo un intervento di Orsola Costantini, economista all’UNCTAD – Globalization and Development Strategies Division, su come guerra e Covid stanno cambiando le catene produttive dell’economia globale.
Buona lettura.
Financial Times. La strategia Usa: prima il petrolio, l’ambiente può aspettare
Editoriale
Prima la crisi finanziaria, poi la pandemia globale e adesso la guerra in Europa spingono i governi a cambiamenti inediti, che prima sembravano impensabili. L’ultimo in ordine di tempo è stato la decisione degli Stati Uniti di attingere a 180 milioni di barili di greggio dalle loro riserve petrolifere strategiche: il più grande ricorso alle scorte nazionali mai avvenuto nella storia. Tuttavia, la reazione del mercato suggerisce che anche una mossa di così ampia portata potrebbe non essere sufficiente a ridurre la spirale dei prezzi del carburante come era nelle intenzioni di Biden. Sarebbe meglio che il presidente americano usasse la crisi in Ucraina come un’occasione per fare mosse più coraggiose, ovvero accelerare la transizione verso l’energia pulita invece di concentrarsi sulla scommessa politica a breve termine del taglio dei prezzi della benzina.
Un problema della decisione di Washington è che rischia di apparire come disperata, e quindi ottenere il risultato opposto di quello desiderato. Questi sei mesi di utilizzo delle riserve nazionali lasceranno le scorte petrolifere di emergenza più grandi del mondo ai livelli più bassi dal 1984, per di più in una fase in cui l’offerta di greggio è in una situazione di grave instabilità.
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