Prosegue l’appuntamento con la newsletter Il Fatto Economico. Oltre agli articoli del nostro inserto, questa settimana parliamo del crack del colosso dell’immobiliare cinese Evergrande con un’analisi del Financial Times. Se probabilmente non sarà una minaccia sistemica “alla Lehman Brothers”, una cosa è comunque certa: dopo la crisi, la crescita del Dragone non sarà più la stessa. Nella rubrica cripto della settimana, Nicola Borzi parte dall’hackeraggio dell’exchange Coinbase per analizzare i problemi dei sistemi di autenticazione dei conti correnti e di titoli online. E ci spiega perché la biometria non è una soluzione praticabile.
Buona lettura.
FT: Il crack di Evergrande ha mostrato che la crescita cinese era un fake
di Martin Sandbu
Per settimane l’attenzione del mondo finanziario è stata concentrata sul crollo della società immobiliare cinese Evergrande. Si è molto dibattuto se si trattasse o no di “un’altra Lehman Brothers”. Ci si chiede anche, nel caso non fallisse, quali potranno essere le conseguenze della ristrutturazione del maxi debito della società sul sistema finanziario cinese e su quello globale.
Personalmente sono tra chi pensa che il governo cinese abbia tasche abbastanza profonde da salvare chi vuole, quando vuole, e che sarebbe assolutamente in grado di contenere le ripercussioni delle perdite immobiliari causate dal fallimento di Evergrande. La questione è solo se avrà, o no, la volontà di farlo.
Al di là dell’impatto sui mercati, questa vicenda è un’occasione per riflettere sullo stato dell’economia reale cinese. Le analisi del Financial Times hanno rilevato che il 29 per cento del prodotto interno lordo cinese è costituito da attività immobiliari, ovvero costruzioni e servizi correlati. È un dato provato da una recente ricerca di Kenneth Rogoff e Yuanchen Yang, che presentano statistiche davvero spaventose (il testo va letto per intero, ma Rogoff ne ha scritto una versione breve).
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