Sul Fatto di domani ampio spazio alla pandemia, con lo scontro tra governo e regioni (che si incontreranno sabato mattina) su eventuali nuove misure restrittive. Non solo la Campania: sono molti i governatori alle prese con l’aumento esponenziale dei contagi che adesso vorrebbero chiudere almeno le scuole. Abbiamo intervistato anche il virologo Luciano Gattinoni, che insegna all’Università di Göttingen e ci fornisce un quadro delle differenze tra la prima e la seconda ondata. Faremo anche un punto sul Veneto, non più modello da seguire, e metteremo in fila tutti quelli secondo cui, all’inizio dell’estate, il covid non rappresentava più un problema.
La pagina Politica si occuperà ancora di Carlo Calenda, perché un big del Pd, in controtendenza, dice no alla sua candidatura a sindaco di Roma. Lo stesso Pd che – lo ricorderemo nell’Economia – solo cinque mesi fa insistette per ricandidare Profumo, ieri condannato a sei anni per Mps.
Il nostro Focus sarà invece dedicato al “cavallo di trojan”: una sentenza della Cassazione ha stabilito che sono inutilizzabili le intercettazioni nel caso di un reato diverso da quello per il quale sono state predisposte. E questo può avere delle ripercussioni su molti processi.
Gli Esteri andranno in Bielorussia, con l’intervista a una delle tre “fidanzate di Minsk”, oppositrice di Lukašėnko.
Infine il Secondo Tempo, con una biografia di Laura Morante e il consueto appuntamento con l’inserto “Che c’è di bello”.
Sono 10.010 i nuovi casi di coronavirus accertati nelle ultime 24 ore sulla base di 150mila tamponi processati. Sono 434 in più rispetto a giovedì le persone ricoverate in ospedale e aumentano anche i malati in terapia intensiva: 50 in più di giovedì, 638 in totale. 55 i morti. La Lombardia è la regione con il maggior incremento: 2.419 casi. A seguire, Campania (1.261), che si prepara alla fase critica ma il piano è già in ritardo. Il commissario per l’emergenza Arcuri: “Non sono stati attivati 1600 posti di intensiva”. I medici di base ai cittadini: “Valutate auto-lockdown”.
Calenda secondo Repubblica: il secchione della “razza padrona”
di Salvatore Cannavò
“L’infanzia di un capo”. È questo il romanzo di formazione di Carlo Calenda disegnato su “Repubblica” da Francesco Merlo. “In versione democratica” sia chiaro, “non del dittatore, del leader” che neanche sembra Roma, ma Milano. E da quella espressione capisci anche l’attacco del pezzo, “la pupa e il secchione” dove la “pupa” è Virginia Raggi, leader dei populares, e il secchione ovviamente Calenda, a capo degli optimates. Di cui si racconta la bella infanzia felice e protetta in una famiglia più che solida – Luigi Comencini, il nonno, Cristina Comencini, la madre, etc. – a comporre una predestinazione al comando. Scuola Montessori, crescita nel quartiere “africano” di Roma, residenziale e medio-borghese, anche la ventura di una relazione amorosa a 16 anni con una donna di 26 da cui nasce una figlia imprevista. Che volete di più? Nemmeno nei romanzi della buona borghesia, anzi, visti i natali, nei bei film della migliore commedia italiana, lo si trova un esemplare così ben costruito, formato e solido della classe dominante. La vecchia ideologia classista viene così sciorinata in bella prosa e nell’ossessione dello stile e del linguaggio evocativo non fa che riprodurre un’adesione convinta a quelli che Eugenio Scalfari definiva “razza padrona”, (dal libro scritto insieme a Giuseppe Turani e dedicato a Eugenio Cefis). E guarda un po’ quando i due dirigevano “Affari e Finanza”, il supplemento economico di “Repubblica” con loro, scrive Merlo, collaborava anche il padre di Calenda, Fabio. La “razza padrona”, un destino segnato.
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