Sul Fatto di domani torneremo sui numeri preoccupanti dell’epidemia da coronavirus con un’intervista al presidente del Consiglio superiore di Sanità, Franco Locatelli. L’obiettivo resta quello di capire se le misure adottate finora possono rivelarsi davvero utili, e quando. Oggi cento scienziati hanno infatti inviato una lettera a Conte e Mattarella per chiedere provvedimenti drastici e repentini onde evitare una nuova strage. Cercheremo quindi di comprendere quali sono le intenzioni del governo, anche considerando le decisioni finora autonome delle regioni (De Luca ha annunciato oggi che il lockdown campano è vicino, stesso proposito anche il Piemonte). Milano e la Lombardia restano osservate speciali, con i 5000 contagi giornalieri.
Il nostro Focus sarà proprio dedicato al clamoroso fallimento della sanità regionale: numeri alla mano, vedremo che si è assunto pochissimo, l’assistenza domiciliare è scarsa e i posti in terapia intensiva sono cresciuti di poco, ma mancano gli anestesisti.
La pandemia – e le misure da adottare – avranno inevitabilmente nuove ripercussioni sull’economia italiana: ne parleremo con il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini. Invece, sempre a proposito di covid, Selvaggia Lucarelli ha intervistato Federica Pellegrini.
La Cronaca tornerà sugli sviluppi della vicenda Siri-Arata, mentre l’Economia ci racconterà la battaglia europea per l’hamburger vegetale, che (per adesso) può continuare a chiamarsi così.
Gli Esteri si sposteranno in Libia, perché stamattina a Ginevra è stato firmato un accordo per il cessate il fuoco permanente (già bocciato dal Sultano). Abbiamo anche intervistato l’ex ambasciatore Alessandro Minuto Rizzo sulle tensioni tra Nato e Turchia.
Infine il Secondo Tempo, con i 30 anni dalla morte di Ugo Tognazzi (trovate di seguito un’anticipazione dell’articolo di Paolo Isotta), e gli appuntamenti di “Che c’è di bello“.
Ancora un terribile balzo in avanti del virus: nelle ultime 24 ore sono 19.143 le persone risultate positive a fronte di 182 mila tamponi effettuati; 91 le vittime. Ma a preoccupare sono le ospedalizzazioni (+855) e i pazienti in terapia intensiva, che con il +57 segnalato nel bollettino odierno diventano 1.049. Almeno dieci le regioni alle prese con la conta dei posti letto. Gli anestesisti lanciano l’allarme: “Rischiamo il raddoppio dei ricoveri in 15 giorni, sarà crisi”.
Trent’anni senza Tognazzi, quel mostro d’attore
di Paolo Isotta
Trent’anni fa, il 27 ottobre 1990, ci ha lasciati Ugo Tognazzi. E ci ha lasciati male. Era piombato nel baratro del “male oscuro”, quella depressione alla quale non c’è rimedio e alla quale, sovente, non c’è causa. Più facile curarla quando alla radice c’è un motivo esistenziale; ma quando, come ormai s’è capito, è una malattia di per sé, è un castigo di Dio.
Dalla vita aveva avuto tutto. Il suo ego sessualmente ipertrofico s’era soddisfatto. Era meritamente riconosciuto come uno dei nostri grandi; e glien’erano venuti guadagni corrispondenti. Aveva soddisfatto la passione per la cucina, la sua più grande. Era rimasto fedelissimo, e ricambiato, alla sua Cremona, benché abitasse presso Roma. Dopo la generazione di Totò e Peppino, che li precedeva, e dopo quella di Sordi, che ancora aveva precorso i loro passi, faceva parte di un gruppo che allora chiamavano “i bravi attori della commedia all’italiana”. Se ora li enumeriamo ci pare d’aver da fare con un trio di giganti: e dove li troveremo più? Gassman, Manfredi, Tognazzi: in fondo potremmo persino dire un quartetto, se si pensa che Tognazzi era del 1922 e Sordi solo del 1920.
Aveva incominciato anche lui con la rivista, addirittura con Wanda Osiris. Ma non gli andò bene. Il primo film al quale partecipò è “I cadetti di Guascogna”, del 1950, in mano a un regista disprezzato generalmente e che a me pare un genio, Mario Mattoli. Poi il grandissimo successo televisivo con la trasmissione “Un due tre”, in coppia con Raimondo Vianello; che dal 1954 al 1959 attirava tutti gli italiani. Ma andò male, fu interrotta e proibita d’improvviso per aver “ecceduto nella satira politica”. Ci fu la valanga di film. Come gli altri del trio (o quartetto), Tognazzi non fu un attore esclusivamente comico. Certo, c’è il conte Mascetti, della serie “Amici miei” di Monicelli, il quale fa ridere partendo dalle tragedie della miseria e, poi, della malattia. “Vogliamo i colonnelli” (1973), di Monicelli, ti fa addirittura scompisciare per la dipintura d’ambiente e il suo generale tono grottesco: ma è la storia di un gruppo di poveri disgraziati, falliti, residuati, i quali sostituiscono alla vita un sogno, appunto, grottesco, che per la pena ti lascia l’amaro in bocca. (leggi il resto sul giornale di domani)
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