Sul Fatto di domani ancora in primo piano i numeri della pandemia. Ci dedicheremo a un doppio aspetto: sanitario e politico, con Salvini che riunisce i governatori di centrodestra contro il Dpcm di ieri. Certo è che sembrano tutti scontenti: dai lavoratori della cultura e dello spettacolo, le cui istanze troveranno spazio nel nostro Secondo Tempo, alla Serie A che, pur continuando a giocare, chiede l’esenzione Irpef per lo stipendio dei calciatori. E proprio lo sport e le pesanti misure restrittive sono state al centro di uno scontro tra i ministri Franceschini e Spadafora.
Analizzeremo punto per punto i ristori che il governo sta definendo in un decreto che dovrebbe vedere la luce domani; non è detto, però, che questo ponga fine alle proteste di piazza.
Sul fronte sanitario, oggi il Financial Times ha dato notizia delle prime risposte immunitarie negli anziani della sperimentazione Oxford-Astrazeneca.
Il nostro Focus registrerà invece una sorta di sconfitta: le regioni chiedono al ministero di poter smettere di effettuare tamponi sugli asintomatici. Serve per risparmiare risorse, ma comporta una serie di criticità: non risolve il problema del contact tracing, blocca le persone a casa in quarantena per tutti i 10 giorni, lascia sfuggire una buona percentuale di positivi.
Gli Esteri andranno in Cile, per capire gli effetti della nuova Costituzione che spazza via l’era Pinochet, e torneranno sulla chiamata alle armi di Erdogan contro Macron, con tanto di boicottaggio dei prodotti francesi.
Nella sezione Radar ospitiamo, infine, un intervento del sottosegretario all’Economia, Maria Cecilia Guerra, sulle risorse del Recovery Fund da destinare alle donne.
Di seguito ne trovate un’anticipazione.
Come ogni lunedì, i dati dei nuovi contagi rallentano rispetto al weekend: sono 17.012 i casi nelle ultime 24 ore, in calo rispetto agli oltre 21mila di domenica. Ma i tamponi sono in netto calo: 124.686 test contro i 161.880 di ieri. Il numero dei morti e dei posti letto occupati in ospedale, invece, certifica la gravità della situazione: 141 vittime, mentre sono mille i nuovi ricoveri. Le sparate di Renzi che si accoda alla destra: “Riaprire tutto”. La rabbia di Zingaretti.
Recovery, il tempo delle donne
di Maria Cecilia Guerra
Il Recovery plan è una occasione da non perdere per aggredire le profonde diseguaglianze di genere che caratterizzano il nostro Paese, rese evidenti dall’insieme dei 125 indicatori analizzati nel Bilancio di genere, predisposto dal ministero dell’Economia e allegato al bilancio consuntivo dello Stato relativo al 2019. Il quadro è particolarmente impressionante per quanto riguarda i divari di genere nel campo del lavoro. L’EU Gender Equality Index, calcolato dall’European Institute for Gender Equality (EIGE), ci dice che, sotto questo profilo, se si considerano insieme gli aspetti relativi alla partecipazione al mercato del lavoro e alle condizioni occupazionali, l’Italia è all’ultimo posto in Europa.
Gli indicatori generali sono già piuttosto deprimenti, a partire dal tasso di occupazione femminile che, nel 2019, pre pandemia, aveva faticosamente raggiunto il 50,1%, con una distanza di 18 punti percentuali rispetto a quello maschile e con divari territoriali amplissimi (al Sud lavora una donna su tre). Ma i dati più drammatici riguardano le giovani donne. Per loro, avere figli, e ancora peggio figli in età prescolare, rappresenta una vera e propria condanna. Un dato su tutti: il 31,5% delle donne fra i 25 e i 49 anni che sono senza lavoro non cerca o non è disponibile a lavorare per motivi legati a maternità o cura (nel caso degli uomini questo è vero nel solo 1,6% dei casi). Tali percentuali salgono al 65% per le madri di bambini fino a 5 anni di età, contro il 6,5% per i padri. Sono le donne a incontrarsi con la necessità di rivedere l’organizzazione del proprio lavoro a fronte della nascita di un figlio, e sono sempre loro a ricorrere più frequentemente alle dimissioni volontarie per motivi legati alla famiglia. Per non parlare di quello che le statistiche non dicono: per quante donne l’essere rimasta incinta o avere avuto un figlio ha comportato il mancato rinnovo del lavoro a termine con cui la maggioranza dei nostri giovani è ormai costretta a iniziare la propria carriera?
Come si esce da questa situazione? Bisogna innanzitutto capire che, per quanto necessari, gli aiuti economici, come l’assegno unico a cui pure meritoriamente il governo sta lavorando, non sono assolutamente sufficienti. Alle donne manca il tempo. Neppure lo smart working aiuterà a risolvere il problema di conciliare il lavoro retribuito e quello, non retribuito, che si deve dedicare alla cura dei figli e della casa (che nel nostro Paese resta ancora appannaggio delle donne). Bisogna infatti capire che non è possibile, nella stessa unità di tempo, lavorare per l’ufficio e accudire un figlio. (continua a leggere sul giornale di domani)
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