Er Batman e altri mostri della porta accanto

C’è forse un unico titolo adeguato alla situazione romana – e non è il famoso “Fate presto”. Direi che viene meglio, in questo caso, “Fate schifo”. I figli hanno, per una volta, superato i padri: se la generazione di mezzo nella terra di mezzo aspettava di esibire – almeno in un campo – il proprio magistero, ecco a voi. La saga dei Gramazio senior e junior o la mirabolante parabola dei Tredicine fanno quasi impallidire le bustarelle dei primi anni Novanta. Pensavamo che da allora fosse un calando: è stato invece un (maestoso) crescendo.
I ladri degli anni Dieci hanno dimostrato una forma smagliante, che ai vecchi e ai giovani ciniconi del Foglio fa perfino tenerezza. Convinti che da sempre l’occasione faccia l’uomo ladro, vorrebbero convincere anche i lettori a disinnescare, più che il moralismo, la morale. E questo non è forse proprio il cuore del cuore di Roma, il nocciolo dello spirito capitolino? “Ma che state a di’”, “ma che ce frega”, “ma ’sti cazzi”, “ma che sarà mai”.
Spostando il problema dal grande Gramazio in sé al piccolo Gramazio che potrebbe essere in te, ti invitano a un esame di coscienza un po’ capzioso, o forse solo paraculo. Dai, accigliato moralista demagogo, non sarà capitato anche a te di non pagare il parcheggio? E allora! Ma fattela ’na risata! Tanto quarcosa rubbamo tutti, no? Sotto sotto, er più pulito c’ha la rogna. Così, gradino dopo gradino, ogni impresentabile ha la sua attenuante: si presenta un po’ meno peggio, anzi si presenta e basta, trionfando indisturbato – “sotto sotto” – lungo i decenni della Grande Monnezza.
Ma a Roma ogni storia è una lunghissima storia, anzi eterna: ai brutti ceffi e alle sanguisughe raccontate nei versi di Marziale e Giovenale danno il cambio certi personaggi portati al cinema da Sordi; accanto ai truci papponi immortalati da Petronio nel primo secolo dopo Cristo non sfigurano, venti secoli dopo, Salvatore Buzzi o Francone Fiorito detto Batman.
“A Fra’, che te serve?” è forse intraducibile in latino, ma pare che Cicerone, uscendo di casa la mattina, fosse salutato con la stessa servile disponibilità. A volte, era perfino costretto a cambiare strada. D’altra parte, si sa, la mucca deve prima mangiare e poi va munta. Basta cercare le mucche giuste. Un grande poeta come Belli spiegava – centottanta anni fa – che non si può corrompere direttamente “er soggetto prencipale”: offrendo al segretario del Cardinale zecchini e dobloni, “c’è dd’abbuscasse un carcio a li cojjoni”. “Er Zegretàr-de-Stato ha er zù mezzano: / questo ha er zuo: l’antro un antro; e la strozzata / s’ha da spiggne a l’inzú dde mano in mano”. Il più potente, conclude Belli, vuole sempre tenersi al riparo: così da poter dire che “nnun ha avuto ggnente”.
Carminati, Buzzi e Tredicine lo sanno bene. “Semo stati proprio grandi eh” dice Buzzi. “Bisogna sta’ attenti a scenne dal taxi… Perché con noi sali ma non scenni più… A noi Giordano (Tredicine) c’ha sposati e semo felici de sta co’ Giordano”. Giordano, consigliere comunale, rampollo della famiglia di venditori ambulanti: quello che gestiva i caldarrostai e i camion bar. Un grande, uno venuto su dal niente, uno che s’è fatto da solo.
L’eterna, imperitura storia di Roma e di chi nei secoli “se l’è magnata” è lì che troneggia come un immenso alibi. C’è un antidoto all’alzata di spalle? C’è qualcosa che posso opporre al disincanto generale, al cinismo anti-moralista che vorrebbe frenare, prima che l’indignazione, perfino lo stupore? Be’ sentite, rivendico il mio diritto a stupirmi. L’idea di avere pranzato tre o quattro volte “Dar Bruttone” e di essere magari stato vicino di tavolo di Carminati, fra ’na cacio e pepe e ’na cicorietta, mi allarma. Il pensiero di avere chiesto un caffè in un bar del centro, accanto a qualcuno che con lo stesso tono parlava di zinne e di appalti, mi inquieta. La certezza di avere comprato una serie di bottigliette d’acqua fresca a un camion bar fermo accanto alla Bocca della Verità, mi disturba. Quell’euro e cinquanta correva verso la banda di Tredicine, a mia insaputa, come usa dire. E così la piccola spesa per un cartoccio di caldarroste in una sera di fine autunno… Quanti tramezzini ho preso al gran caffè di piazza Mazzini prima di sapere dell’arresto dei proprietari per bancarotta fraudolenta? Quanti sospetti, rapidissimi cambi di gestione registro, mese per mese, nei bar del centro?
Che sia visibile o meno, ogni giorno attraversiamo questo “mondo di mezzo” che rischia di coincidere con un’intera città, quasi a ogni livello, a ogni strato. I Buzzi e i Gramazio, i Coratti e gli Odevaine sono qui, a un passo, quasi anonimi nella folla anonima. Non hanno né il carisma né la visibilità dei loro padri nobili, la loro fedeltà a una parte politica, la loro facciata.
Non hanno più la faccia. “Quello viene dalla strada!” dice Carminati di Tredicine, “lui è serio, e poi è uno che è poco chiacchierato, nonostante faccia un milione di impicci… è uno che è poco chiacchierato e questo è importante… lui chiacchiere poche… vuol dire che è serio”. È questa “serietà”, di cui pochi chiacchierano e nessuno si stupisce, la forza di corrotti e corruttori. Il vero vantaggio di chi, anche mentre Gramazio e soci sono in carcere, continua “a magnasse” Roma.