Marco Carrai entrerà nello staff di Palazzo Chigi per occuparsi di Big Data e cyber security”. Intervistato dai cronisti, dopo la puntata di Porta a Porta, il premier Matteo Renzi rilancia la nomina del suo amico Carrai. Siamo molto lontani dall’idea iniziale, che prevedeva per lui la guida di una vera e propria nuova unità di missione sulla sicurezza informatica.
È lontano anche il “piano B”, che per Carrai prevedeva una consulenza con i nostri servizi segreti, per occuparsi dello stesso delicato settore nel quale, peraltro, ha investito tempo e denaro, mettendo su un’azienda personale.
Non c’erano solo le perplessità del Quirinale. I legami di Carrai con Michael Ledeen – coinvolto in un’inchiesta dell’Fbi su una rete di agenti legati al Mossad intenta a sottrarre documenti riservati del Pentagono – avevano spinto i servizi americani a osteggiare un suo ruolo attivo nell’intelligence italiana.
Ora Renzi tenta di salvare la faccia e anche l’amico, riservandogli un incarico nel suo staff, con la previsione di occuparsi di Big Data e cyber security, certo, ma senza alcun potere operativo, considerato che i settori restano di esclusiva competenza dei servizi segreti e dei loro addetti.
“Carrai avrà una nomina alla cyber security?”, chiediamo allo staff di Renzi per comprendere meglio, in concreto, di cosa dovrà occuparsi. La risposta è piuttosto evasiva: “Sarà nello staff del premier”. “Con quale ruolo? Avrà una delega specifica alla cyber security?”, ribattiamo. Dallo staff nessuna risposta.
Il Copasir non ha ancora ricevuto alcuna comunicazione. E proprio il Comitato parlamentare di controllo sui servizi, nei giorni scorsi, aveva precisato che qualsiasi incarico sarebbe stato, eventualmente, limitato alla sicurezza informatica della P.A. In altre parole: fuori dalla cornice dell’intelligence.
La quadratura del cerchio per non perdere la faccia, per rassicurare il Quirinale, per non abbandonare Carrai deludendo le aspettative dei suoi amici israeliani e, infine, per non urtare la suscettibilità degli Usa. A queste condizioni, insomma, Renzi può tranquillamente sostenere dinanzi a Bruno Vespa: “Non c’è alcun problema con gli americani, per lui si profila un ruolo di lavoro assieme a me. Non ho mai pensato a un ruolo diverso. Nel mio staff avrà un ruolo operativo importante.
Definire amico d’infanzia una persona che ha creato un’azienda di big data a cui deve rinunciare se vuole venire con noi, mi pare riduttivo”. Ovviamente, come rivelato dalle inchieste del Fatto, il problema per la Cia non era che Carrai avesse un ruolo a Palazzo Chigi quanto, piuttosto, che mettesse le mani sull’intelligence vera e propria. “Se qualcuno pensa che Obama – ironizza Renzi – si preoccupi dello staff di Palazzo Chigi va fatto vedere da uno bravo”.
Resta il fatto che Carrai non avrà alcuna consulenza dai nostri servizi segreti e, salvo colpi di scena, a Palazzo Chigi potrà occuparsi al massimo della cyber security nella Pubblica amministrazione. E che dovrà rinunciare anche ai suoi affari. Almeno sulla carta: “Guadagna un milione e mezzo. O vende le azioni o le affida a un blind trust”, dice il premier.