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Viva la legalità, ma non parliamo di corruzione

La relazione - Il nuovo capo dimentica mafia e mazzette (e i casi di malaffare tra gli industriali)
Viva la legalità, ma non parliamo di corruzione
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La cosa che si nota di più è quel che manca. La parola “corruzione’’, per esempio, non c’è nelle 29 pagine della prima relazione di Vincenzo Boccia come presidente di Confindustria. Da anni l’Italia è alle prese con scandali quotidiani legati a pratiche corruttive. Dossier internazionali di fonti autorevoli lanciano allarmi sui costi della corruzione; le stesse imprese sanno bene quanto pesi negativamente sullo sviluppo dell’economia. Boccia si limita ad affermare che “va isolato chi viola il patto sociale, frena il progresso economico e civile, fa concorrenza sleale’’. La parola “corruzione’’ non la pronuncia.

Manca, nella relazione, qualunque accenno al “lato oscuro’’ del capitalismo nazionale. A differenza del 2014, quando Giorgio Squinzi aveva tuonato dalla tribuna: “Cacceremo i corrotti”. E nel dicembre dello stesso anno il Centro studi confindustriale aveva presentato il primo (e unico) rapporto sui costi del malaffare dal titolo inequivocabile (“La corruzione zavorra per lo sviluppo’’), con i magistrati antimafia Giuseppe Pignatone e Michele Prestipino seduti in prima fila ad applaudire. Non che all’annuncio fossero seguiti atti particolarmente incisivi: non risulta che qualcuno sia stato espulso da Confindustria per corruzione, né altro. Ma a volte anche il pensiero conta. Così come conta che proprio quest’anno, mentre la corruzione è diventata il tema centrale del dibattito ai massimi livelli, dal presidente Sergio Mattarella a Papa Francesco, fino al governatore di Bankitalia Ignazio Visco, da Confindustria non arrivi nemmeno una parola.

Il neopresidente, in effetti, dedica un lungo paragrafo al tema legalità. Ma la prende da lontano, e in versione, diciamo, minimalista: esprimendo solidarietà al sindaco siciliano Angelo Cambiano, a cui è stata incendiata la casa per aver applicato l’ordinanza dei magistrati di Agrigento sull’abbattimento delle villette abusive a Licata. Boccia prende spunto per accusare “il disprezzo delle leggi dello Stato, la mancanza di senso civico e di rispetto per il bene comune”; e tuttavia, trattandosi di Sicilia, una parola sulla mafia, magari, ci stava. Invece, silenzio anche sul crimine organizzato, che ha colonizzato, dopo il Sud, anche il Centro e il Nord Italia. E forse pesano, in questo sorvolare, le questioni giudiziarie che hanno coinvolto due già alfieri della legalità confindustriale come Antonello Montante e Ivan Lo Bello.

“L’illegalità va punita”, è la tesi del presidente, ma “prima che nelle aule dei tribunali’’ va punita “socialmente”. Inoltre, per combatterla non servono nuove e più severe norme, ma “istituzioni che funzionino’’. E funzionano “quando producono decisioni che non sono solo ineccepibili nella forma, ma si calano correttamente nel contesto”. La legge, insomma, non deve necessariamente essere uguale per tutti: “Va adattata al caso concreto’’, afferma Boccia, e occorre “saper esercitare la giusta discrezionalità, cogliere le ricadute economiche di quelle decisioni’’.

Ma per estirpare l’illegalità occorre soprattutto un “mercato libero”: e dunque, insiste il presidente di Confindustria, va quanto prima sbloccata la legge sulla concorrenza. Non altro. Quanto all’altra piaga nazionale, l’evasione fiscale, “è indispensabile un severo contrasto’’, però attenzione: questo non significa “far pagare il conto ai soliti noti”, ma “cambiare approccio tra fisco e contribuenti’’. E qui, plauso alla delega fiscale recentemente approvata dal governo (che ha tra l’altro depenalizzato l’abuso di diritto), e che adesso, si augura il neopresidente, “deve tradursi in coerenti atteggiamenti dell’Agenzia delle Entrate’’.

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