I treni merci viaggeranno sulle linee dell’Alta Velocità, ha annunciato il ministro dei Trasporti Graziano Delrio. A velocità non elevata perché le rotaie per l’Alta Velocità passeggeri devono esser sempre mantenute perfette, i treni merci hanno pesi più elevati di quelli passeggeri, e se corressero a 300 km all’ora renderebbero proibitivi i costi di manutenzione della linea.
Ma guadagneranno comunque tempo rispetto a percorrere le linee tradizionali come fanno ora, perché quelle AV, più dritte, sono più brevi. Per una valutazione accurata occorrerebbe vedere i dati del piano industriale, le tariffe per l’uso dell’infrastruttura, le tipologie ed i carichi dei treni, i risparmi di tempo conseguiti.
Ma a priori è una buona notizia, se non altro perché il sistema AV, già costato una fortuna tutti i contribuenti italiani (e usato da una minoranza di persone molto frettolose), ci è costato forse un 30% di più a causa della richiesta politica degli ambientalisti che le caratteristiche delle linee (pendenze, raggi di curvatura ecc.) consentissero anche il passaggio dei treni merci, tanto che il sistema si chiama AV/AC (per “alta capacità”). I costruttori festeggiano ancora e tale è la necessità dei treni merci di andare veloci, che in Francia l’intero sistema AV non ne consente il transito, e negli Stati Uniti dove il trasporto merci ha un enorme successo i treni, pesanti, diesel e automatizzati, viaggiano a 35km all’ora.
Il problema maggiore del traffico merci ferroviario in Europa non è l’offerta di infrastrutture e la capacità delle linee, ma la domanda. In Europa il traffico è in declino, nonostante gli aiuti pubblici alle infrastrutture ferroviarie, e l’elevata tassazione dei mezzi stradali. La questione si chiama “rottura di carico”: le ferrovie non possono essere capillari, quindi le merci devono di solito fare i tratti iniziali e finali del viaggio via camion, il che è complicato. Se si trasporta, come in Usa, minerali o legname o grano in grandi quantità e su lunghe distanze questo problema non si pone (il treno va da deposito a deposito), ma se si trasportano come in Europa prodotti industriali di elevato valore diventa drammatico.
La Francia, il Paese europeo che più ha investito in ferrovie, ha perso nell’ultimo decennio il 30% del traffico merci. La Germania va meglio, ma perché ha produzioni “pesanti” (chimiche e siderurgiche), e linee che raccordano direttamente gli stabilimenti. Noi produciamo beni leggeri, e in modo molto distribuito sul territorio (media e piccola industria). Se c’è da intervenire, anche con investimenti, è sulla logistica dei punti terminali (dove avviene la “rottura di carico”, in particolare nei porti). La velocità non sembra un fattore strategico.
Un esempio illuminante si può vedere da noi nella vicenda della società Maerks, una delle tre maggiori del mondo nel trasporto delle merci sulle lunghe distanze. Genova sta costruendo la linea AV per Milano nota come “terzo valico” (ce ne sono già due lente), soprattutto per servire il porto e il suo traffico merci, si afferma per giustificarla. Costerà almeno 6 miliardi di euro, interamente a carico dei contribuenti.
Ora la Maerks, pur sapendolo bene, ha deciso di far base a Savona, anche investendoci, sembra per ragione di migliori fondali. Dove ha collocato il suo “retroporto”? Dietro l’Appennino, a Mondovì, che sarà collegato con il porto da una linea ferroviaria vecchia, pendente e tortuosa, tanto ritiene strategica la velocità per le merci che sbarcheranno.
In un dibattito pubblico un rappresentante politico genovese ha dichiarato che la Maerks in futuro raggiungerà Mondovì da Savona attraverso la nuova linea AV, con un percorso quasi tre volte più lungo. Forse prima di spendere fiumi di soldi in infrastrutture, una riflessione sulla loro utilità sarebbe utile. Ma forse no, se l’obiettivo vero è il consenso politico invece dell’utilità della spesa.