“Sapere che una lettera di un politico basta per escludere dalla Rai un giornalista è un segnale preoccupante. Per quello che dice, ma soprattutto per quello che non dice”. Giuseppe Giulietti, presidente della Federazione nazionale stampa italiana (il sindacato dei giornalisti) interviene sul caso di Marco Lillo, il giornalista del Fatto Quotidiano escluso dai programmi dell’emittente pubblica su pressione del governatore della Lombardia Roberto Maroni, preoccupato dal suo libro Il potere dei segreti.
A Viale Mazzini torna la censura ad personam.
Fatti come questi infastidiscono oggi come infastidivano ieri. Spetta solo ai direttori e alle redazioni valutare quali ospiti avere nei programmi. Dopodiché, il tema principale è uno: perché l’ufficio legale della Rai, dopo aver ricevuto la lettera di Maroni, ha segnalato il libro di Lillo come pericoloso da esporre, mentre era rimasto in silenzio su quello del figlio di Totò Riina, di cui si è parlato a Porta a Porta?
Già, perché?
Non so, non si comprendono i suoi parametri di intervento. Ma dovrebbero essere uniformi.
Intanto ha pagato Lillo.
È una sanzione contro un giornalista che, assieme a colleghi come Lirio Abbate de l’Espresso, aveva segnalato per tempo il marcio di Mafia capitale. Peraltro anche quando Lillo e Abbate cominciarono a parlare di quello scandalo piovvero querele e minacce. Però avevano ragione loro.
Maroni protesta per le intercettazioni che lo riguardano nel libro di Lillo.
Ricordo che, anni fa, il governatore leghista ottenne dalla Rai una puntata di riparazione, dopo che Roberto Saviano aveva parlato del radicamento delle mafie in Lombardia. C’è un pregresso, che doveva indurre alla cautela.
Chi dovrebbe intervenire sul caso?
L’Autorità garante della comunicazione, fondata per tutelare innanzitutto il pluralismo. E poi la commissione di Vigilanza Rai, la cui attività fondamentale è quella di indirizzo.
In Rai tira aria di purghe.
Il passaggio dalla critica alla richiesta di chiusura per le trasmissioni è sempre grave. I partiti, tutti, gareggiano nel lamentarsi. Mentre invece non c’è nessuna competizione nell’aggiungere, nel proporre contenuti o idee.
Il presidente della Vigilanza, Roberto Fico (M5s) sostiene che “non sono tutte epurazioni”.
Il dibattito politico si è affievolito sulla questione. Diciamo che tutti i partiti hanno capito che bisogna colpire e trattare: si lamentano, per poi pretendere spazi in tv.
A proposito di idee: la nuova dirigenza ne sta portando?
Io sono il primo a dire che in Rai bisogna cambiare tante cose. Ma vorrei piani, proposte concrete. E non accetto che a ogni critica si risponda: “Siete contro le riforme”. Se il sindacato fa notare un eccessivo ricorso ad esterni, pretendo una risposta nel merito.