Pressioni sul Giglio Magico per far cadere Claudio Descalzi, amministratore delegato dell’Eni, fortissimamente voluto dal premier Matteo Renzi. E non solo. Un progetto per danneggiare lo stesso Renzi se il complotto contro Descalzi non fosse andato in porto. È questo lo scenario sul quale sta indagando la Procura di Siracusa, guidata da Francesco Paolo Giordano, che sta vagliando le dichiarazioni di alcuni testimoni per verificarne l’attendibilità. Per il momento l’inchiesta conta un solo indagato, Massimo Gaboardi, un tecnico che opera nel settore petrolifero, accusato di corruzione internazionale. Il suo nome fu individuato dagli investigatori in una serie di documenti – che la procura sta analizzando, per vagliarne la veridicità – nei quali si delinea il progetto di far fuori Descalzi per provare ad affidare la guida di Eni a un’altra cordata. Gaboardi è stato interrogato più volte e ha confermato il “complotto” ai danni dell’ad del colosso petrolifero. Fornendo anche altri nomi.
La procura ha iniziato così a cercare riscontri, sentendo altri testimoni, perché è emerso un ulteriore dettaglio, anch’esso da verificare. Le pressioni per “eliminare” Descalzi, infatti, sarebbero state esercitate anche su tre personaggi di primo piano della politica italiana: il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Luca Lotti; l’intimo amico del premier e direttore degli Aeroporti Toscani, Marco Carrai; l’imprenditore Andrea Bacci, uno dei principali sostenitori di Renzi.
L’uomo che ha ristrutturato la villa del premier e fu candidato, proprio da Lotti, alla guida di Telecom Sparkle. Nomina tramontata quando il Fatto rivelò la notizia. Lotti, Carrai e Bacci: la procura ha deciso di convocarli per conoscere la loro versione dei fatti e, anche in questo caso, verificare se esistano adeguati riscontri alla tesi del complotto. Un complotto che, secondo lo scenario delineato dalle testimonianze finora raccolte, avrebbe previsto un passaggio ulteriore: danneggiare il premier – che di Descalzi è un convinto sostenitore – per convincerlo a non sostenere più il numero uno di Eni. Saranno gli stessi Lotti, Carrai e Bacci – quando saranno convocati dalla procura – a poter fornire i primi riscontri o le prime smentite alla tesi del complotto che avrebbe coinvolto persino il Giglio Magico.
Di certo la procura di Siracusa, secondo fonti confidenziali, non dà ancora nulla per scontato. Si vuol capire se la stessa tesi del “complotto”, per esempio, non sia stata costruita ad arte per ottenere altri scopi. L’unico modo per verificarlo è mettere in cantiere una lunga serie di interrogatori – sono decine i nomi emersi dai verbali già raccolti finora – per controllare l’attendibilità di questo scenario da spy story. La piccola procura siciliana sta affrontando un’inchiesta di livello internazionale: il – per ora presunto – “complotto”, infatti, sarebbe stato ordito anche da personaggi nigeriani e iraniani che hanno forti interessi negli affari petroliferi gestiti dall’Eni. E che – se l’ipotesi fosse valida – vedevano in Descalzi un ostacolo ai loro progetti.
L’inchiesta è complicata anche per un altro motivo: Descalzi è a sua volta indagato a Milano per corruzione internazionale. Secondo l’accusa – sostenuta dai pm Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro – l’ad di Eni è coinvolto nella tangente da 200 milioni di dollari pagata in Nigeria per ottenere la concessione del deposito offshore Opl 245.
Tra i suoi principali accusatori c’è il principale indagato: ovvero Vincenzo Armanna, ex manager Eni che dinanzi ai pm milanesi ha rilasciato più di un verbale d’interrogatorio. Insomma, da un lato c’è un’inchiesta che vede Descalzi vittima di un complotto, dall’altro c’è un fascicolo che lo vede indagato per corruzione internazionale. E non è escluso che le due procure decidano di incontrarsi, per valutare l’esigenza di un coordinamento, se dovesse emergere un collegamento tra i due fascicoli.
Se così fosse, saremmo al terzo passaggio, in questa storia che ha visto indagare anche la procura di Trani: la procura pugliese ha inviato i suoi atti a Siracusa, dopo aver acquisito circa un anno fa alcuni verbali del cda di Eni, per valutare se dalle dichiarazioni nei consigli di amministrazione fosse emerso un complotto ai danni di Descalzi. Nel mirino finirono anche alcune dichiarazioni di Luigi Zingales, che di lì a poco si dimise dal cda di Eni e che, nonostante l’acquisizione del fascicolo pugliese, a Siracusa non risulta indagato. Anche perché le dichiarazioni di Zingales furono, come ovvio, espresse nel legittimo esercizio del suo ruolo.
Resta da valutare, invece, se ai danni di Descalzi vi fu un vero “complotto”. E se davvero furono esercitate pressioni (e da chi e di che tipo) su Lotti, Bacci e Carrai. E se davvero, infine, in questo scenario da spy story internazionale qualcuno aveva messo in moto una macchina destinata a colpire il premier. La procura di Siracusa è determinata a fare chiarezza su ogni punto. E su ogni dichiarazione. Perché i casi possono essere soltanto due. O qualcuno ha davvero complottato contro Descalzi e il premier. Oppure ha voluto far credere ai pm che sia stato così.