Bisogna essere grati a Giampaolo Galli, fino al 2012 direttore generale di Confindustria e ora deputato del Pd. Con encomiabile ardimento, segno di una vita coraggiosamente spesa tra soldi e numeri, l’economista squarcia finalmente il velo dell’ipocrisia democratica e repubblicana. Affilato come una lama, veloce come una saetta, Galli impugna lo smartphone e twitta: “L’Italicum è una buona legge, ma forse va cambiato. L’Italia non può permettersi un monocolore M5S”. Poi dal suo blog offre il petto alla mitraglia della feccia pentastellata chiarendo bene il proprio modernissimo e oligarchico pensiero. La riforma della riforma deve essere affrontata subito visto che “oggi la questione si pone in termini diversi da come si poneva prima delle elezioni amministrative perché a questo punto non si può escludere una vittoria M5S alle prossime elezioni politiche”. La legge va rifatta per evitare che i cittadini si convincano di avere l’anacronistico diritto di scegliere, con il ballottaggio, il proprio governo.
L’Italicum è una buona legge, ma forse va cambiato. L’Italia non può permettersi il rischio di un monocolore #M5S https://t.co/1JFWkAKy1Z
— Giampaolo Galli (@GiampaoloGalli) 4 agosto 2016
Galli ci ricorda giustamente che viviamo un periodo eccezionale. Secondo molti il Paese “si ritrova in una situazione analoga a quella del 18 aprile 1948”. Allora bisognava sconfiggere il Partito Comunista, il pericolo rosso. Nel 2016 invece è un dovere per tutti opporsi al pericolo giallo. Anche perché, diciamo noi, nell’urna Dio ti vede e Beppe Grillo no. Far fronte alle nuove orde barbariche è un imperativo categorico: “l’economia italiana e con essa le istituzioni democratiche non reggerebbero una vittoria M5S… L’Italia non può cadere nelle mani di gente che crede nelle sciocchezze della decrescita felice”.
Molto meglio, come certificano gli ultimi anni di Pil, quella infelice. Così il valente onorevole è disposto a sacrificare persino una “buona legge”. L’Italicum che consentirà al 60 per cento dei parlamentari di sedere sugli scranni semplicemente perché nominati dai partiti. E che permetterà a tutti gli italiani di provare ad ogni elezione l’ebrezza della roulette: ti piace un capolista e lo voti? Sorpresa: mandi a Roma il numero due visto che il tuo prescelto si è presentato pure in altri nove collegi e può decidere ex post dove farsi eleggere.
A ogni italiano ovviamente dispiace che questi geniali meccanismi di selezione delle classi dirigenti rischino di cambiare solo perché si vuole eliminare l’odioso ballottaggio. Anche perché se si riscrive la norma, copiando magari il maggioritario inglese, un uomo come Galli per rientrare in parlamento potrebbe trovarsi costretto a dover convincere migliaia di persone a votarlo. Un’impresa titanica. Ma, per evitare che in futuro il Paese debba fare a meno di gente come lui, noi suggeriamo altre soluzioni. Finali, oseremmo dire. Con una norma transitoria della costituzione si potrebbe mettere fuori legge il Movimento o qualunque formazione politica avversa a quella al governo. Oppure si potrebbe più coerentemente abolire il vetusto istituto del suffragio universale per sostituire il tutto con una Camera delle Corporazioni in cui i migliori rappresentati del mondo delle banche, dell’industria e della finanza siano finalmente liberi di sceglierci il futuro.
In attesa di quel giorno accogliamo comunque volentieri l’appello di Galli in difesa del mondo libero, del nostro sistema di vita e dei nostri valori rivolto a “politici di rango, compresi quelli che non sono più in servizio attivo, intellettuali, editorialisti, economisti e scienziati”. Gli indirizzi mail sono su ilfattoquotidiano.it. Il modulo di iscrizione a Gladio ce lo può inviare lì.