La scuola elementare “Romolo Capranica” di Amatrice è crollata per il terremoto (leggi). E questo nonostante nel 2013 fossero stati spesi circa 700mila euro per metterla in sicurezza. In attesa degli sviluppi dell’inchiesta aperta dalla Procura di Rieti (leggi), un primo dato emerge netto: attorno all’azienda che ha lavorato, pesa forte l’ombra di collegamenti con i clan di Cosa Nostra. Per capire bisogna partire dal sito della Valori Scarl. Qui, nell’elenco delle opere, alla voce “Restauro e riqualificazione ambientale” si legge: “2013: Amatrice, ristrutturazione polo scolastico verticalizzato”. Parte del denaro speso (200mila euro) è stato prelevato dal fondo messo a disposizione dal governo dopo il terremoto de L’Aquila.
A svelare i sospetti di collusione sono, però, gli intrecci societari. La Valori scarl, infatti, fa parte del gruppo Mollica il cui principale socio è Francesco Mollica nato a Patti in provincia di Messina nel 1977. La Valori, poi, è detenuta per l’88% dalla Dionigi Soc. Coop la cui sede si trova a Roma in via Dionigi 43, un indirizzo che risulterà decisivo. Qui, infatti, si trova un’altra società: la Sed srl che si occupa di elaborazione dati. L’amministratore è un cittadino russo, il quale controlla anche la Ricos, una società immobiliare che fa parte del gruppo che detiene le quote della Valori scarl. Al netto di questo risiko societario, ciò che solleva sospetti di mafiosità è uno degli azionisti della Sed. Si tratta di Domenico Mollica che ne detiene il 90% e che è nato a Piraino (Messina) nel 1955. Ecco il legame. Il signor Mollica è stato socio della Siaf (società di costruzioni fallita) assieme ai fratelli Pietro e Antonino. Ai tre è riconducibile il consorzio Aedars che nel 2013 riceverà un’interdittiva antimafia firmata dalla Prefettura di Roma. Di più: Francesco Mollica, che controlla la Valori Scarl, è figlio di Domenico.
Nella giornata di ieri abbiamo tentato di raggiungere i diretti interessati e i loro legali, senza esito. L’interdittiva raccoglie un lungo elenco di annotazioni di diverse polizie giudiziarie su collegamenti con i clan di Cosa Nostra radicati a Barcellona Pozzo di Gotto. Il caso diventa pubblico perché in quel periodo il consorzio sta lavorando a Milano. La chiave, in questo caso, è rappresentata dalla Fracla srl che detiene il 72% dell’intero gruppo ed è riconducibile a un parente degli imprenditori.
La storia dei fratelli Mollica inizia qui e torna indietro al 1991, quando il Comune di Piraino viene sciolto per mafia. Nella relazione firmata dall’allora ministro Enzo Scotti si legge: “In meno di tre anni i fratelli Mollica si trasformano in un sostanzioso gruppo finanziario che si aggiudica ripetutamente appalti per svariati miliardi in Sicilia e fuori dall’isola”. Emerge, fin da allora, la capacità dei Mollica di influenzare la vita politica. Nel marzo del 2013, poi, viene sciolto il Comune di Augusta (Siracusa). Anche qui le relazioni allegate citano più volte i Mollica. In particolare si sottolinea il rapporto di amicizia e di affari con Francesco Scirocco, arrestato nel 2011.
L’interdittiva antimafia viene però sospesa dal Tar del Lazio nel 2014. Il giudizio ribalta l’impianto accusatorio. Si legge: “Da quanto illustrato si svilisce il quadro indiziario circa la contiguità con le organizzazioni mafiose del Consorzio ricorrente”. In sostanza il collegio afferma “che mancano gli elementi di collegamento con la criminalità organizzata”.
Una delle vicende più spinose e dalla quale i Mollica usciranno immacolati, è quella della vecchia Siaf. In questo caso il nome dei Mollica viene tirato in ballo da Angelo Siino, il ministro dei lavori pubblici di Cosa Nostra, il quale li inserisce nella lista degli imprenditori che si spartivano gli appalti. Dichiarazioni considerate “troppo generiche”. Per Pietro Tindaro Mollica i guai, però, non finiscono. Nel 2015 viene arrestato a Roma nell’ambito dell’indagine Variante inattesa. L’accusa è di bancarotta fraudolenta.
L’inchiesta parte dal consorzio Aedars che in dieci anni – ragiona l’accusa – si è aggiudicato una serie di appalti pubblici (118 milioni totali). Scrive il gip: “Dagli atti è facilmente evincibile come Mollica applichi un metodo delinquenziale”. L’ombra di questo metodo si affaccia ora sulle macerie di Amatrice.