Siamo seri, non è che adesso masse di elettori italiani si convinceranno a votare Sì al prossimo referendum costituzionale solo perché l’ambasciatore americano John Phillips ha detto che “se vince il No l’Italia fa un passo indietro”. Figuriamoci, il monito sembra più che altro un gentile cadeau per Matteo Renzi, alla vigilia del cambio della guardia alla Casa Bianca e del probabile arrivederci Roma del diplomatico nominato da Obama. Purtuttavia, l’uscita di Phillips appare vintage come i telefoni a gettone e i dischi in vinile per almeno due motivi. Quando s’intromettevano negli affari dei Paesi “amici” gli ambasciatori Usa di una volta, in genere per fare prima, organizzavano un golpe o se proprio non potevano farne a meno una bella guerra, tipo Vietnam. Sempre in un’altra epoca, se l’Amerikano la faceva fuori dal vaso, la sinistra illuminava le piazze bruciando le bandiere a stelle e strisce e gridando yankee go home. Mentre la destra invocava l’intervento della Celere a difesa del grande alleato.
Fortunatamente, nel frattempo, l’America è cambiata (sempre che non arrivi Donald Trump), malgrado tutto mister Phillips è una personcina a modo e a Roma quasi tutti gli ambasciatori hanno lasciato un buon ricordo, soprattutto grazie ai party di Villa Taverna. Quasi tutti perché i più anziani ricordano, nei lontani anni Cinquanta, l’anticomunismo feroce di Clare Boothe Luce, ma eravamo allora in piena Guerra fredda. L’ultima stranezza vede oggi la destra protestare per l’improvvida dichiarazione di voto dell’ambasciatore mentre il Pd tace e acconsente. Ora, definire sinistra Renzi e i renziani fa un po’ ridere ma se Renato Brunetta (Forza Italia) rammenta a Phillips che “secondo la nostra Costituzione la sovranità appartiene al popolo italiano”, significa che il mondo si è davvero capovolto. Una confusione di ruoli e di idee a cui ha dato un fattivo contributo lo statista di Rignano incasinando la Costituzione e facendoci diventare simpatico perfino Brunetta.