Ritratto breve di alcuni protagonisti del Movimento 5 Stelle, più o meno toccati dalle note vicende romane.
Virginia Raggi. Nessuno ha capito se sia brava o meno. A volte sembra una Boschi grillina, altre volte pare l’unica che ci provi sul serio. Lei stessa fa di tutto per sabotarsi, apparendo saccente, lasciando equivoco il rapporto con lo studio Sammarco e circondandosi di dubbi figuri. Era attesa da un compito impossibile e furono per questo in molti a stupirsi quando la videro esultante dopo la vittoria. Non ne aveva proprio motivo, perché la attendeva un calvario: appunto. In realtà, dopo il ballottaggio, quello più felice era Giachetti. Sempre ammesso che uno come Giachetti possa essere felice. In bocca al lupo.
Beppe Grillo. Showman raro e uomo tanto genialoide quanto spigolosissimo, sperava con tutto il cuore di poter tornare a fare “solo” l’artista. Poi però ha perso un amico vero e subito dopo, fatalmente, i suoi “ragazzi” hanno ricominciato a litigare. A quel punto è tornato pienamente sulla scena (politica). Il suo Movimento ha ancora bisogno, e parecchio, di lui.
Luigi Di Maio. Fino a ieri era ritenuto all’unanimità “il più bravo tra i grillini”, ora lo stanno facendo passare per un mezzo citrullo. Ha sbagliato sulla vicenda romana, ha mentito alla Festa del Fatto (caso Muraro) e la provocazione su Renzi-Pinochet-Venezuela era pietosa, ma resta un talento della politica. Ancor più per gli anni che ha. Si rialzi, vada avanti e impari dagli errori. Chi lo sta sabotando dall’interno, forse, coltiva il sogno perverso di divenire un giorno portaborse di Andrea Romano.
Alessandro Di Battista. Il più amato dai 5Stelle, il più odiato dai renzini. È quello che sa stare meglio sul palco e in tivù. Tra i pochi – dei big – a uscire indenne dal caos romano. Non sarà mai premier: non è adatto, è il primo a non volerlo e non vede l’ora di lasciarsi alle spalle la politica (nel 2023) per tornare a viaggiare su e giù per il mondo.
Roberto Fico. Balbettante e pallosetto in tivù, ascoltatissimo (e temutissimo) nel Movimento. Incarna il talebanista duro&puro. Grillino della prima ora, preparato e competente, refrattario alla tattica e convinto che tutto sia bianco o nero. Auguri.
Carla Ruocco. Detesta la Raggi, forse perché rea di aver allontanato Minenna o forse perché una volta le ha rubato un Uniposca da piccole. Vai a sapere. Benché membra del Direttorio, di lei a oggi si ricordano (poco) giusto i retweet alle cazzate cicliche della Lombardi. Un po’ poco.
Carlo Sibilia. Scelto come quinto membro del Direttorio per meriti nascosti anche a lui stesso, è l’unico a far sembrare inattaccabile Zucconi su Twitter. Complottista a caso e comico suo malgrado, non lo si vede mai in tivù perché se ci andasse il M5S morirebbe sul colpo. È il Gasparri stellato, solo che se glielo dici lui ci rimane male. Quindi lo chiameremo il Picierno grillino. Che in effetti suona anche meglio.
Mario Giarrusso. Membro di spicco dei “basagliani” come lo era Taviani per i “dorotei”, passa la vita a insultare i giornalisti sui social e ad augurare in radio a Renzi di morire impiccato. In una vita precedente faceva la controfigura di Shrek, poi però ha smesso perché Shrek è molto permaloso e alla sua immagine ci tiene parecchio.
Paola Taverna. Pasionaria autentica, subdolamente accusata di avere passato ai media l’email in cui informava Di Maio dell’indagine sulla Muraro. Non pare stimare granché Raggi e lo stesso Di Maio. Criticata dai renzini per i toni “popolani”, il suo discorso contro Berlusconi – prima della decadenza da senatore – resta uno dei momenti più alti del M5S.
Roberta Lombardi. Il Cern la sta studiando per capire come abbia fatto, in soli cinque minuti di streaming, a bruciare un milione di voti. È a tutt’oggi un record mondiale. Dopo una fase di letargo, è tornata a fare più danni della grandine insultando su Facebook la Raggi e Marra. Una delle più instancabili renziane a sua insaputa del Movimento. Se un meteorite cadesse sulla Terra, dopo l’impatto direbbe deluso: “Ho fatto danni, sì, mai però quanto la Lombardi”.
Nicola Morra. Senatore preparato, assai erudito e quasi d’altri tempi, alfiere del collettivismo grillino e per questo preoccupato dal concetto personalistico che pare allignare in alcuni suoi colleghi. È tra i pochi a sapersi rivolgere anche agli “altri” e non solo a chi già vota M5S.
Barbara Lezzi. Esperta soprattutto di economia, ha pure lei esortato alcuni big a riscoprire il valore della collettività. È platealmente venerata da Bruno Vespa. E questo, diciamolo, rivaluta parecchio Vespa.
Federico Pizzarotti. Trattato come la scabbia dal Direttorio, che lo accusa di civatismo e infedeltà alla linea, sta governando benino una città difficile ed è tutto fuorché stupido o impreparato. Pone, non sempre ma quasi, problemi reali. A lungo andare, e probabilmente senza colpe, rischia però di fare il gioco di Renzi.
Chiara Appendino. La dimostrazione che i 5Stelle possono governare bene, o comunque mai peggio di una Boschi o di un Salvini. Questo, però, su giornali e telegiornali fa meno notizia.