Passano i giorni e i mesi dalla fine di Marco Pannella (per fortuna non è finito, ha detto cose che bastano per altre due vite), e ti manca quel suo accanito ripetere (da solo) che ci viene negato il diritto di sapere, il diritto alla conoscenza. E ci viene lasciato solo un finto diritto di decidere credendo di sapere. Ogni personaggio della politica sta guardando altrove, mentre parla a un altro politico o a un altro editorialista e dicendo parole in codice (le capisci solo se sei nella stanza).
Manca uno “sportello dei cittadini”, un posto dove vai per chiedere che cosa sta succedendo, e perché sta succedendo, e chi ha deciso (o non deciso) che stia succedendo. Un utile esempio di separazione fra cittadini e politica è stato di inviare all’improvviso in Libia duecento paracadutisti italiani scortati da cento infermieri, che costruiranno un grande ospedale, e per questo i soldati vanno a fare la guardia. Dove? In una zona petrolifera appena occupata da truppe non nemiche (ma neppure amiche, diciamo estranee) mentre infuria tuttora la battaglia di Sirte (di cui era stata annunciata varie volte la conquista), e ci sfugge la scelta del tempo e del luogo e del mettere così pochi soldati e così tanti infermieri nel mezzo di violentissime lotte fratricide fra tribù divise da ragioni note e ignote. Credevamo che l’isolamento dei cittadini da chi li governa o li rappresenta fosse al colmo, ma ecco che l’ambasciatore americano, a nome del presidente Obama, dichiara che l’eventuale voto No alle modifiche Boschi (Boschi, non Rodotà-Sartori) alla Costituzione italiana danneggerebbe gravemente la reputazione italiana. L’ambasciatore americano si schiera con una lunga lista di imprese e potenze finanziarie. Perché? Pur apprezzando la cauta obiezione del nostro presidente della Repubblica (“la decisione spetta ai cittadini”) una più adeguata risposta sarebbe stata affidare al nostro ambasciatore a Washington una nota a sostegno di Hillary Clinton. Evidentemente non si può. Ma perché, allora, si può a carico dell’Italia? Che ci sia, mi domando, nel testo Boschi, coperta dal confuso linguaggio, una parola o una frase convenuta che sembra niente (come tutta la legge di riforma), ma può cambiare il mondo? Lo sportello delle informazioni al cittadino resta chiuso. E poiché c’è stato, con Pannella (lo abbiamo appena detto), un solo garante dei cittadini nella vita politica italiana, quello sportello non aprirà tanto presto. Ecco altre prove.
Matteo Renzi, senza dire perché, all’inizio lega il suo nome al referendum. Decisione strana, perché almeno in apparenza, non è il governo (prima carica di Renzi) né il partito (altra prima carica di Renzi) che riscrive, sia pure male, la Costituzione, ma il Parlamento. Un po’ dopo, senza dire perché, Matteo Renzi separa il suo nome dall’esito del referendum. Ma lo dice agli amici e avversari del suo partito, e lo dice agli altri leader di partito e a Bruno Vespa. Ai cittadini mai. Dovrebbe dare spiegazioni che non gli garbano. Però rimangono a Renzi dei dubbi, che circolano sempre e solo all’interno del club: quale sarà la data giusta del referendum? Subito mostra l’intenzione di tirarla in lungo: forse ottobre, forse novembre, forse dicembre… La data diventa misteriosa come le parole-chiave nascoste nel testo della Boschi, che mettono sul chi vive Obama e fanno scattare l’ambasciatore americano e le agenzie internazionali di rating. Che cosa vede, Renzi, nella decisione di quella data? Dov’è il senso, di partito, di governo, di leader, di innovatore?
Non dovevamo fare in fretta, un Paese di bersaglieri e crocerossine che sfilano nel 2 giugno della nuova Italia? Voi dite: ma avviene tutto in pubblico, e noi siamo informati in tempo reale sia del decidere che nel non decidere. Vero. Ma, come degli altri eventi che ho elencato, e dei moltissimi che mancano in questa pagina (pensate al gioco delle pensioni, a cui non si rinuncia mai, nel tempo libero, terrorizzando i vecchi, disincentivando i giovani e creando rabbia e disprezzo fra generazioni), anche il poco e circospetto comunicare ad alta voce avviene da capitano a capitano, da nave a nave. Anche il rivolgersi ai cittadini è finto, perché è sempre un messaggio di un politico a un altro politico. In questo senso, persino i nuovi Cinque Stelle sono diventati subito maestri. A chi insiste, tra loro, e vuole sapere, dirai con severità che è molto meglio lavorare che perdersi in chiacchiere. Nessun dubbio: ogni politico (del tipo di prima, seconda e, forse, terza Repubblica) parla, se parla, solo all’altro politico e a quelle copie conformi che sono certi giornalisti. Non spiega niente agli estranei E nessuno ha intenzione (né i santi né i perversi) di rendere conto ai cittadini. Che sono gli estranei.