Comunicazione ufficiale dalla Camera dei deputati: ricorda ai giornalisti che a partire dal 10 ottobre, telecamere e operatori potranno entrare nella tribuna riservata alla stampa solo e soltanto se hanno firmato, e quindi accettato, il nuovo codice di autoregolamentazione.
Un testo di autodisciplina (figlio di un tentato bavaglio per legge, a cui erano scampati nel 2011) che è dei giornalisti, ma che è anche un miscuglio tra comune buon senso e bende sugli obiettivi: dai video, alle foto e fino alle registrazioni. Se è logico e giusto che si imponga di assistere “in silenzio” ai lavori dell’Assemblea standosene fermi nelle tribune riservate, appare già più strana invece la richiesta di astenersi da ogni segno di approvazione o disapprovazione: guai a fare sì con la testa o ad assecondare quanto è in discussione. In ogni caso, si raccomanda nel nuovo codice, è importante tenere “un contegno improntato al massimo rispetto dell’istituzione parlamentare”. Non venga in mente a qualche cine-operatore che è lì per lavorare di urlare durante un’interpellanza o la discussione di un emendamento.
Introdotto l’obbligo di “interrompere immediatamente le riprese a ogni sospensione di seduta”: nessuna foto a calca e assembramenti, né al fuggi fuggi verso le porte e la buvette. Niente pacche sulle spalle, abbracci, baci e saluti. Che tutto resti nel privato dell’aula. E se queste cose accadessero durante i lavori dell’aula? Peggio. È vietato diffondere “fotografie e riprese visive atte a rilevare comunicazioni telefoniche” (difficile visto che anche durante le sedute i parlamentari parlano al telefono continuamente, pur coprendosi la bocca con le mani un po’ per non farsi sentire, un po’ per non far scorgere il labiale). Ma, soprattutto, sarà vietato diffondere fotografie e riprese “non essenziali per l’esercizio del diritto di cronaca relativo all’attualità e allo svolgimento dei lavori in Aula”. E qui, il cine-operatore o il giornalista di turno potrebbe ritrovarsi ad essere un po’ confuso: stop a immagini ingrandite di pizzini e letterine, nessuna ripresa di schermi di tablet e smartphone, non si potrà più sapere se i deputati giocano a Candy crush o a campo minato in aula né quali siti visitino.
Addio alla pubblicazione di immagini di deputati che sonnecchiano o che riposano le tempie. Semplicemente perché, secondo una prima lettura del codice, potrebbe trattarsi di informazioni che non riguardano i lavori parlamentari. Anche se accadono durante i lavori parlamentari. “In caso di inosservanza delle disposizioni – si legge – il Collegio dei deputati Questori potrà disporre nei confronti di chi viola le regole il divieto temporaneo di accesso alle tribune”.
Inoltre, il regolamento prevede il divieto dell’utilizzo di tecniche di rielaborazione di riprese “che comportino un danno alla dignità dei deputati e membri del governo presenti in aula e al diritto alla riservatezza”. A pagare potrebbero essere blob, fotomontaggi e pure la satira visuale che usa foto e immagini. Nei Palazzi, non si può entrare.