L’Italia dei furbi e dei fessi di prezzoliniana memoria si materializza di nuovo a Brindisi. Qui, circa 180 persone, in maggioranza vip o mini vip locali, avevano trovato un modo semplice per non pagare le contravvenzioni automobilistiche. Niente ricorsi al prefetto o al giudice di pace, ma un colpo di telefono. Per quattro anni, alcuni consiglieri comunali e regionali, assessori, funzionari dello Stato, giornalisti, imprenditori, preti e militari quando ricevevano una multa chiamavano Teodoro Contardi, l’amministratore unico della società Multiservizi incaricata delle riscossioni. Lui era disponibile con tutti. Risolveva il problema. Non cancellava il verbale o la richiesta di versamento. Ma utilizzava per il saldo una carta di credito intestata alla municipalizzata da lui amministrata. I debiti privati venivano così collettivizzati.
Le cifre dello scandalo, va detto, sono davvero piccole. C’era gente che telefonava per risparmiare venti o trenta euro. Per questo, tra il 2011 e il 2014, la presunta truffa è costata ai contribuenti solo 7.839 euro. Soldi in ogni caso ora rimborsati. I furbi di Brindisi, per evitare il processo, hanno aperto il portafoglio e hanno dribblato ogni altra conseguenza. Detto in altre parole: hanno vinto.
Intendiamoci, è perfettamente logico non perseguire penalmente chi ha tentato di non pagare cifre così esigue. Un processo con 200 imputati, destinato a concludersi con condanne che nessuno sconterà, è solo un costo inutile. È un rito lento e noioso che, togliendo tempo a una giustizia già agonizzante, servirebbe solo a rallentare ulteriormente il sistema. Finendo per trasformarsi in un altro e più grande danno per quei fessi che in Italia, come scriveva Giuseppe Prezzolini, “hanno dei principi, quando i furbi hanno solo dei fini”. Un sogno però lo conserviamo lo stesso. Per una volta (anche una sola) sarebbe bello poter dimostrare che pure nel Belpaese i fessi vincono. D’accordo, lo sappiamo, “il furbo è sempre in un posto che si è meritato non per le sue capacità, ma per la sua abilità nel fingere di averle”. In genere comanda. Ed è pur vero che molti tra i fessi aspirano a essere furbi.
Dare un segnale è però importante. Per esempio: il procuratore di Brindisi, se non lo ha già fatto, potrebbe far trasferire ad altro ufficio la sua segretaria. Ti facevi cancellare le multe? Bene, da oggi non lavori più con me. L’ordine dei giornalisti e gli altri ordini professionali a cui sono iscritti molti furbetti della contravvenzione potrebbero invece inviare dei richiami. I partiti in cui militavano i politici coinvolti, in prevalenza Forza Italia e Pd, dovrebbero infine far intervenire i probiviri. Soprattutto a garanzia degli altri militanti che, in assenza di sanzioni (anche lievi), potrebbero essere a torto considerati da ogni elettore fesso identici ai loro colleghi furbi.
Tentare di preservare l’immagine delle organizzazioni in cui milita il furbo (in Curia, per esempio, i preti coinvolti erano due) è un dovere. Per questo, o almeno lo immaginiamo, il capogruppo dei 5Stelle in Veneto, Simone Scarabel, si è dimesso dal suo incarico. Aveva contestato una multa scrivendo ai vigili urbani su carta intestata del Consiglio regionale. Poi, una volta scoperto, aveva sostenuto di essersi mosso a garanzia di tutti i cittadini: l’autovelox, diceva, era tarato male. Tra gli elettori gli hanno creduto in pochi. Mica fessi. Ma nemmeno furbi. Per fortuna.