Favori in cambio di favori per catturare appalti pubblici. Da un lato imprenditori bergamaschi e personaggi della ‘ndrangheta, dall’altro il faccendiere a disposizione per portare i desiderata sui tavoli delle istituzioni pubbliche. È questa l’ultima versione della cricca delle opere pubbliche con casacca lombarda.
Quattordici le ordinanze firmate ieri dal giudice di Milano su richiesta dell’antimafia. Tutti accusati di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione. In manette anche il bresciano Alessandro Raineri “in contatto con esponenti di amministrazioni pubbliche”. A “libro paga” del gruppo per “il suo interessamento istituzionale”. L’inchiesta segnala contatti tra “Raineri e l’ex prefetto di Milano, nonché ex commissario straordinario di Roma Francesco Paolo Tronca”. Negli atti una telefonata tra Tronca e il faccendiere per una cena con un consigliere regionale lombardo. L’intercettazione risale al 2015 quando Tronca era ancora prefetto di Milano. Tronca non è però indagato. Tra i livelli istituzionali vantati da Raineri anche alte cariche romane della GdF e un giudice. Ciò che emerge, invece, chiaramente dall’inchiesta della Finanza sono “gravi atti corruttivi” per diversi sub-appalti pubblici. Tra questi, quello per il nuovo collegamento ferroviario tra i due terminal di Malpensa. Valore: 115 milioni.
A incassare la gara il gruppo Gavio che poi subappalta alla banda bergamasco-calabrese. E questo grazie all’interessamento di Davide Lonardoni, dirigente di Nord Ing società partecipata dal gruppo Ferrovie nord. Lonardoni è figlio dell’ex dg di Fnm nonché assessore ai lavori pubblici a Saronno. Ai domiciliari Massimo Martinelli altro dirigente di Nord Ing. I pubblici ufficiali avrebbero incassato tangenti. Tutte le “irregolarità” sui lavori pubblici, scrive il giudice, “sono consistite nella concessione a favore di dirigenti di importanti società appaltatrici di dazioni di denaro, beni e utilità, allo scopo di ottenere agevolazioni nell’aggiudicazione dei lavori”.
Alla lista dei subappalti anche quello di 5 milioni di euro per lavorare alla costruzione della nuova linea 5 della Metropolitana milanese. Attorno a questo giro d’affari, 20 milioni a partire dal 2010, un castello di società apparentemente prive di legami tra loro ma “in realtà inserite in un vero sistema utilizzato per alternarsi nell’esecuzione dei lavori, con una cadenza biennale, con il preciso scopo di eludere eventuali controlli fiscali”. Il dominus è stato individuato nell’imprenditore Pierino Zanga, che risultava semplice dipendente. Tutte le società, inoltre, erano intestate a prestanome. Infine c’è pesante l’ombra della ‘ndrangheta, in particolare quella “imprenditoriale” di Reggio Calabria. A oggi, però, la Procura non contesta ancora l’aggravante mafiosa.