La mail contiene un errore nell’oggetto ma è stata inviata così, tanta era l’urgenza per Giovanni Conti, risk manager del Monte dei Paschi di Siena, di comunicare quello che aveva trovato nei bilanci della banca: “Riscio (invece che rischio, ndr) controparte con Nomura”. Una mail che il premier Renzi e il ministro del Tesoro Pier Carlo Padoan avrebbero dovuto leggere prima di spingere per la nomina di Marco Morelli ad amministratore delegato di Mps. Il 9 dicembre 2009 Giovanni Conti (tuttora in Mps) scrive all’allora direttore finanziario, responsabile del bilancio Mps, Marco Morelli, poi passato a Intesa nel marzo 2010. Scrive Conti: “Cerco di illustrare l’impatto nelle misure gestionali di rischio controparte prodotto dall’inserimento nel sistema Murex di un’operazione in Bond Repo con la controparte Nomura International PLC. Tale operazione si riferisce al finanziamento di titoli di Stato (BTP 5 agosto 2034) per circa 3 miliardi legati alla ristrutturazione dell’operazione Alexandria”.
La mail è citata nelle motivazioni della sentenza di condanna a Siena contro l’ex presidente del Mps Giuseppe Mussari per ostacolo alla vigilanza e sarà importante anche nel processo bis milanese sui fatti connessi per il falso in bilancio. Conti spiegava a Morelli che nei conti di Mps c’era una mina: perdite nascoste per 200 milioni. Le responsabilità penali sono state attribuite dai pm e dai giudici di primo grado solo ai capi di Morelli ma la mail dimostra che anche l’attuale ad di Mps sapeva che la sua banca stava abbellendo i conti per 200 milioni di euro. Proprio da quella perdita nascosta parte la crisi della banca che proprio Morelli dovrebbe ora risolvere con un improbabile aumento di capitale da 5 miliardi.
Conti spiegava sette anni fa quanto oggi è chiaro a tutti: i conti di Mps non riflettevano la reale natura dei contratti con Nomura. Nel 2012 Fabrizio Viola, appena insediatosi come ad, ha rettificato il bilancio per centinaia di milioni, per far emergere le perdite legate alla ristrutturazione del derivato Alexandria, fino a quel momento nascoste con i trucchi descritti da Conti a Morelli. Il derivato Alexandria, comprato nel 2005, stava creando pesanti perdite. Mussari e il direttore generale Antonio Vigni chiamano la banca d’investimento Nomura. Il trucco è quello di fare due operazioni simultanee. Con la prima Nomura fa sparire a sue spese Alexandria dal bilancio Mps. Con la seconda operazione il dono viene ripagato: Nomura è remunerata al 15 per cento invece che al 2,8 per cento e incassa centinaia di milioni da un’operazione connessa all’acquisto di un Btp con scadenza 2034.
Le due operazioni sembrano sganciate. Ma c’è un terzo contratto (Mandate Agreement) che fa del secondo la contropartita del primo. Morelli si è salvato sostenendo che non aveva mai visto – fino a quando Il Fatto non lo ha pubblicato nel 2012 – il contratto Nomura-Mps che legava le due operazioni, fino ad allora tenuto in cassaforte. E Morelli dice di aver fatto presente la contrarietà a ristrutturare Alexandria (un teste conferma). Però la mail dimostra la sua consapevolezza sul legame tra i due contratti: “Al 30 novembre, a fronte dell’operazione in Repo, risulta pagato un collaterale di 650 milioni di euro a fronte dell’esposizione di Nomura nei confronti di Mps. L’ammontare del collaterale scambiato è giustificato da due componenti: circa 450 milioni dall’applicazione dell’haircut contrattuale del 15% richiesto da Nomura; circa 200 milioni dal market value negativo dell’operazione stessa. La significativa differenza dell’haircut rispetto ai requisiti regolamentari (15% contro 2,83%) evidenzia la peculiarità del contratto”.
Mps accettava condizioni capestro perché Nomura la aiutasse a spalmare su 25 anni le perdite. Per nasconderle, non per scelta tecnica. Conti è stato poi sentito al processo di Siena: “Era ovvio, leggendo i numeri in campo, che le operazioni erano dal punto di vista finanziario, che non vuol dire dal punto di vista contrattuale, unite”. Al tribunale Conti ha detto: “Se lei lo fa leggere a un passante e gli chiede: ‘sono legate le due operazioni?’ assolutamente sì. C’è un contratto che disciplina tale collegamento? Non ne ho idea. Né rileva ai fini del risk manager”.
Nella mail Conti spiegava a Morelli come il Monte avrebbe dovuto comportarsi: “Perché la misura gestionale di rischio controparte rifletta l’effettiva esposizione, è necessario riconoscere la specificità della transazione Repo e applicare a questa l’haircut contrattuale (15%, ndr) e non quello regolamentare (2,83%, ndr), cosa che porterebbe alla rappresentazione di un’esposizione di Mps nei confronti di Nomura di circa 200 milioni di euro. Tale esposizione non è ulteriormente comprimibile”. Morelli preferì lasciare Mps senza svelare a nessuno cosa stava accadendo.