Dietro a “operazioni di disinformazione” ci sono “interessi economici ben precisi volti alla sostituzione dei prodotti e a creare turbative sui mercati”. A parlare non è un complottista su Facebook, ma il viceministro alle Politiche agricole Andrea Olivero durante un incontro sull’olio di palma organizzato dalla Ferrero per difendere l’utilizzo dell’ingrediente sempre più contestato da quello che lui chiama “terrorismo della disinformazione alimentare”.
È la seconda volta che il viceministro – cuneese come la casa madre della Nutella – difende il colosso dell’industria dolciaria: la prima fu a giugno dell’anno scorso, dopo l’appello al boicottaggio del ministro francese dell’Ambiente, Ségolène Royal: “Ferrero è sinonimo di qualità in tutto il mondo, che piaccia o meno alla signora Royal – aveva detto il viceministro in quell’occasione –. La ministra Ségolène Royal ha presentato le sue scuse per la improvvida campagna di boicottaggio. Un vero autogol, dato che la vicenda ha permesso alla Ferrero di mettere in mostra al mondo intero le sue certificazioni sociali, compresa quella di Greenpeace”. Non una semplice difesa degli interessi di un’azienda italiana, ma quasi una promozione della storica azienda di Alba intorno alla quale ruota una fetta importante dell’economia della Granda, la provincia cuneese da cui arriva anche Olivero.
Dalle critiche di Ségolène Royal a oggi, la Ferrero non ha fatto passi indietro sull’olio di palma, a differenza di quanto fatto recentemente da altre aziende italiane. “Noi crediamo che l’olio di palma sia fondamentale per la qualità dei nostri prodotti altrimenti potremmo cambiarlo – ha detto Alessandro d’Este, amministratore delegato di Ferrero Commerciale Italia – e siamo altrettanto convinti che la qualità dei nostri prodotti e il rispetto del nostro consumatore partano dal non accettare nessun compromesso”. Secondo un report di Greenpeace, l’industria di Alba è una delle due aziende al mondo a utilizzare olio di palma tracciabile al 100 per cento: “Noi abbiamo un’attentissima selezione della materia prima: selezioniamo aree e raccoglitori che spesso sono piccoli produttori agricoli”, ha spiegato D’Este garantendo l’uso di un olio “di qualità ineccepibile, senza contaminanti allo stesso livello degli altri oli vegetali utilizzati”. Sul punto di vista della sostenibilità, assicurano poi dalla Ferrero, l’ingrediente viene realizzato senza contribuire alla deforestazione, senza mettere in pericolo specie animali e senza incendi”.
Se l’azienda, come prevedibile, si difende, non a tutti piace la critica fatta dal viceministro Olivero, soprattutto a chi si pone contro l’olio di palma: “Non abbiamo interessi nascosti – replicano da Slow Food –. La nostra è una posizione oggettiva”. Dieci giorni fa l’organizzazione fondata da Carlin Petrini ha ribadito la sua condanna “dell’uso eccessivo di olio di palma nelle filiere alimentari industriali”, sia per ragioni ambientali, sia per ragioni di salute: “L’olio di palma che arriva sulle nostre tavole – ingrediente di biscotti, merendine, cracker, creme spalmabili… – non ha niente a vedere con il succo che si ottiene dalla spremitura delle bacche delle palme”, si legge in un comunicato del 17 ottobre scorso. È una questione ambientale, contraria alle logiche industriali. Diversa invece l’opinione della Coldiretti Piemonte, che già nel 2012 invitava la Ferrero a sostituire l’olio di palma con “altri alimenti quali nocciole e burro”, ingredienti che però – spiegano dall’azienda – sarebbero più costosi e ancora meno sostenibili dal punto di vista ambientale. “Non entriamo nel merito della questione – dichiara Delia Revelli, presidente della Coldiretti Piemonte –, ma come produttori diamo la nostra disponibilità a individuare alternative e incrementare la collaborazione”. Alternative che Olivero non promuove.