Incontenibile, per usare l’aggettivo di un commensale ieri a Palazzo Grazioli, residenza privata di B. nella Capitale. “È stato incontenibile, il Presidente è in una forma smagliante, ha quasi sempre parlato solo lui”. Silvio Berlusconi raduna i colonnelli azzurri a pranzo e si esibisce in un monologo durissimo contro il premier. Agita finanche un mazzo di slide. È la supermedia dei sondaggi sul referendum: “Il No è in forte vantaggio, altro che rinvio come vuole Renzi. Io sono contrario e i miei avvocati mi hanno spiegato che tecnicamente è impossibile rinviarlo. Non esiste alcuna trattativa”.
Attorno a lui, in ordine sparso ci sono: i capigruppo parlamentari Romani e Brunetta, Gasparri, le ex ministre Bernini e Gelmini, Toti, i suoi due nuovi angeli custodi Giacomoni e Valentini, Gianni Letta, Ghedini. Dopo settimane di silenzi e di sospetti “nazareni” degli alleati fascioleghisti, l’ex Cavaliere stavolta ha sciolto davvero la riserva: “Mi impegnerò per il No, farò campagna nelle due ultime settimane, quelle decisive. Ormai Renzi non buca più il video e gli darò il colpo finale”. Non a caso, la riunione a tavola inizia con un po’ di ritardo perché B. ha completato alcune registrazioni. Interviste tv o video per le manifestazioni forziste in giro d’Italia.
“Mi impegnerò per il No”, la frase berlusconiana rivela la scelta finale della strategia azzurra tra la carota della colomba Confalonieri – propedeutica a un basso profilo per favorire Renzi – e il bastone propugnato dallo stesso ex premier. Ha vinto il bastone perché l’ottuagenario B., altro pokerista di talento, vuole “intavolare una nuova trattativa negoziale con Renzi solo da una posizione di forza”, come spiega un secondo commensale. Solo con “una dura lezione al premier il 4 dicembre” si potranno aprire altri ragionamenti e disegnare altri scenari, aggiunge un terzo. Quali? In merito, l’ex Cavaliere non si sbilancia.
Al posto suo lo fanno altri, come Romani, che si soffermano su “un governo di scopo” per fare la nuova legge elettorale. Tutto, ovviamente, tranne che l’Italicum, “che spalancherebbe le porte ai grillini”. Quanto al baratro predicato dai sostenitori del Sì sulle conseguenze di un No paragonato alla Brexit, questa la versione di Berlusconi: “Alla gente non importa nulla del referendum. A fallire sono state le politiche economiche di Renzi e del suo governo”. L’ex Cavaliere chiarisce anche il motivo principale per cui metterà la faccia sul No: “Al Nord molti nostri elettori sono tentati dal Sì, tocca a me spiegare loro che sbagliano”.
Ecco il punto. Ecco perché, dal suo punto di vista tattico, B. è costretto a buttarsi sul No: “Col Sì nascerebbe il Partito della Nazione che rischierebbe seriamente di toglierci voti”. Invece, la vittoria dell’altro fronte porterebbe anche alla definitiva rinascita del centrodestra coi fascioleghisti di Salvini e Meloni, altro infinito tormentone di casa ad Arcore e Palazzo Grazioli e peggiorato con l’investitura di Stefano Parisi, nuovo volto moderato del berlusconismo civico. Durante la riunione, si è speso per la causa antirenziana persino Gianni Letta, colomba storica ma che una settimana fa, come rivelato dal Fatto, si era schierato con Berlusconi nel pieno di un aspro confronto con Fedele Confalonieri, esponente del partito Mediaset da sempre filogovernativo. Chi c’era, infine, riferisce di un clima “ottimista ma guardingo”. Da vero giocatore, Berlusconi, adesso ha un solo obiettivo: battere Renzi e far vincere il No. Il resto, tra governo di scopo e alleanze, verrà dopo perché “se Renzi dovesse perdere, il 5 dicembre ci sarà un paesaggio politico completamente nuovo”. E a B., adesso, interessa soprattutto sedersi al tavolo dei vincitori.