Caro Michele Santoro, ti ringrazio del tuo articolo di ieri, che spero sia l’inizio della tua collaborazione al Fatto. Tantopiù che, partendo dal docufilm Robinù e dalla devastazione sociale che racconta, arrivavi a conclusioni sul referendum costituzionale che dissentono dalle nostre. E, come sai e sanno i nostri lettori, il Fatto non è una caserma: anzi siamo sempre felici di confrontarci con chi la pensa diversamente per metterci in discussione.
Ed è quel che ho provato a fare dinanzi al tuo astensionismo-agnosticismo sul Sì e sul No, domandandomi se non sia esagerata la passione civica che mettiamo nel difendere la Costituzione da ogni minaccia, fin dalla nostra nascita, quando Antonio Padellaro illustrò la nostra linea politica: la Costituzione del 1948. Checché se ne dica, non l’abbiamo mai ritenuta un totem intoccabile e siamo sempre stati aperti a proposte migliorative; ma al contempo ci siamo sempre opposti al mito del “cambiamento” fine a se stesso, visto che ben poche delle tante (43 articoli su 139) riforme di questi 68 anni l’hanno migliorata: anzi quasi tutte l’hanno peggiorata. Quando, nel marzo 2014, fu presentato il ddl Boschi-Verdini-Berlusconi (già, tra i coautori c’è anche B., che poi ha cambiato idea, forse), lo esaminammo con spirito laico, ci confrontammo con i migliori costituzionalisti e scrivemmo ciò che pensiamo: è una schiforma da respingere.
Allora, nel fronte del No, non c’erano Grillo, Brunetta, Salvini, D’Alema, De Mita, né gli altri “mostri” evocati dalla spudorata banda Renzi per screditare chi semplicemente si oppone a una controriforma sbagliata, scritta coi piedi, caotica e pericolosa. Eravamo soli con le nostre ragioni, quando ancora il No sfuggiva al radar dei sondaggi. Per due anni e mezzo abbiamo ripetuto fino alla noia che il No è doveroso, non per cacciare Renzi (cosa che i cittadini potranno fare o meno quando si deciderà a sottoporre il suo programma agli elettori) o far vincere Tizio o Caio, ma per scongiurare un danno alla Costituzione, cioè al nostro stare insieme. Se poi altri, anche i più lontani da noi, sono venuti sulle nostre posizioni, non possiamo che rallegrarcene, anche se non abbiamo né avremo nulla a che fare con loro.
Tu invece hai una visione tutta politico-partitica del referendum, infatti lo vivi non per quello che è: l’occasione di dire Sì o No al peggioramento della Carta. Ma per quello che non è: un antipasto dell’“Apocalisse”, cioè la vittoria di Grillo, che non è all’ordine del giorno il 4 dicembre e, se alle elezioni politiche si verificherà, andrà sottoposta al nostro vaglio critico, mettendo alla prova i vincitori.
Tu attribuisci a Grillo presunte somiglianze con Trump e alleanze con “Salvini e Meloni, come a Roma” (dove – com’è naturale nei ballottaggi – alcuni di destra hanno votato Raggi, altri Giachetti, altri si sono astenuti). Capisco bene che, con le immagini dei baby boss di Robinù negli occhi, tu avverta l’urgenza di una risposta immediata della politica al disastro sociale che produce quelle aberrazioni. Ma che c’entra Grillo, che mai ha governato da quelle parti? Qualcosa potrebbe dirci il Pd che l’ha fatto per un bel pezzo, fino a suicidarsi a Napoli e a consegnarsi a un De Luca in Campania. E che c’entra il referendum, che non decide chi ci governerà, ma solo se la Costituzione (che tu non citi mai) verrà stracciata o si salverà? Non credo che l’eventuale vittoria del No salderà la triade “Trump- Grillo-Salvini” che tu schiacci sull’“idea della tolleranza zero, l’ansia di ordine, sicurezza” e “patria nazione con pochi stranieri” alla Haider. L’inutile e demagogico reato di clandestinità fu creato da Maroni, il M5S ha chiesto di abrogarlo e Renzi l’ha conservato per amor di popolarità (che sia più populista dei grillini?). E con che faccia, mentre traffica con Verdini e B., il governo spaccia il Sì come progressista e il No come reazionario?
Contro la schiforma sul merito, e non per opportunismo, c’è tutto il meglio della sinistra senza partito: Anpi, Fiom, Cgil, Magistratura democratica, i migliori costituzionalisti. Col Sì troviamo invece Confindustria, Marchionne, Jp Morgan, governo Usa, cancellerie e troike europee, cioè le lobby che non sono un’invenzione dei 5Stelle, ma il cancro che corrode la nostra sovranità e dignità nazionale. La loro urgenza è lampante: eliminare o depotenziare tutti i poteri di controllo sul governo, per telecomandare un burattino solo al comando con una semplice telefonata, senza il fastidio di un’opposizione, un presidente, una Consulta, una Regione, un pm che si mettono di traverso.
Perciò diciamo No: per poterci scegliere i senatori, per evitare che una masnada di consiglieri regionali e sindaci inquisiti invadano il Senato coperti da immunità, per conservare i contrappesi della democrazia liberale fondata sulla sovranità e la partecipazione popolare. Anch’io, come te, spero che giornali e tv restino accesi per illuminare l’opinione pubblica (possibilmente con informazioni corrette, non con la propaganda tipo Rai&giornaloni) e gli intellettuali continuino a pensare (possibilmente per difenderci dalle imposture del potere, non per rilanciarle). Così magari, la prossima volta, riusciranno a capire (senza giustificarli) perché tanti americani che 8 anni fa votavano Obama ora votano Trump, tanti francesi che prima votavano socialista o gollista voteranno Le Pen, tanti italiani che prima votavano sinistra o destra ora votano – per fortuna – non un fascionazi, ma una Raggi o un’Appendino. E potranno aiutare i “democratici” a cambiare prima, anziché piangere o protestare dopo.
Nella speranza di averti trasmesso almeno un po’ dell’entusiasmo che ci anima nella bella battaglia per la Costituzione, cioè per il No, ti saluto con affetto. E attendo il tuo prossimo articolo.