Tre giorni all’Epifania, Maria Rita Clerici è appena rientrata nella palazzina di via Lombardia 32 a Lomazzo. È il 3 gennaio 2014. Ha fatto acquisti. In un negozio ha comprato i giocattoli per i due nipoti spendendo 167 euro. Sale in casa, lasciando i regali in auto. È in forma, ha 61 anni e nella vita non ha mai avuto problemi. Fabio Moltrasio, suo medico curante, lo ricorda: “Non ho mai visitato la signora Clerici per patologie significative”. Poco più di 24 ore dopo, alle 21.46 del 4 gennaio, la dottoressa del 118 ne constata il decesso. Muore all’improvviso la signora Rita, madre di Laura Taroni, l’infermiera accusata di aver ucciso l’ex marito Massimo Guerra e di averlo fatto con l’aiuto dell’amante e anestesista Leonardo Cazzaniga, a sua volta indagato per quattro morti sospette all’ospedale di Saronno. Con loro undici medici per omissione e favoreggiamento. Tre sono stati sentiti ieri, ma due non hanno risposto, un terzo ha fatto dichiarazioni spontanee. Il caso della signora Clerici non compare nei capi d’imputazione del gip, ma è contestato agli amanti dal pm Cristina Ria nella sua richiesta e dagli investigatori nell’informativa finale. Qui vengono ricostruiti, minuto per minuto, i passaggi di quella giornata fino al decesso della donna. Rita si era trasferita a Lomazzo nel 2013 dopo la morte di Guerra e aveva sempre contrastato la relazione della figlia con l’anestesista.
La mattina del 4 gennaio, la signora Clerici chiama il fidanzato che vive a Moltrasio. Sono le 8.41. Pietro Paolo Donegana dirà: “Stava bene, era in giardino con il cane”. Alle 14.35 i due sono di nuovo al telefono. Questa volta, però, qualcosa è cambiato. “Mi ha detto che aveva la febbre alta e non poteva salire a Moltrasio”. Poco prima, verso l’ora di pranzo, Maria Florian, madre del defunto Massimo Guerra, incontra Rita Clerici: “Mi disse che si sentiva affaticata con dolori che non aveva mai provato, come se l’avessero picchiata su tutto il corpo”. Annota il pm: “Il malessere appare molto simile a quello di Massimo Guerra”.
Un particolare: tra il 2 e il 3 gennaio, Cazzaniga, fuori servizio, si reca in ospedale per prendere delle medicine. Nessuno sa cosa abbia ritirato. Ancora il pm: “Le modalità con le quali è avvenuta la morte richiamano da vicino quelle di attuazione del protocollo Cazzaniga”. Nel primo pomeriggio del 4 gennaio, la signora Rita è a letto. Alle 16.30 in casa arriva il cugino. “In salotto c’erano i bambini che guardavano la televisione. Laura ci disse che la mamma non stava bene, era a letto. Poi Rita è uscita dalla stanza e ci ha salutato. Mi disse di aver appena vomitato”.
Alle 19.34, Laura Taroni chiama suor Bertilla Bellotto, coordinatrice della scuola dei figli. Laura le dice che la madre sta male. “Buttai giù il telefono e la raggiunsi”. Quando entra in casa Maria Rita è già in coma. Dirà la suora: “Respirava ma non rispondeva”. Poco dopo arriva anche Gabriella Guerra. La donna traduce quel respiro “in un rantolio molto sommesso”. Lo stesso che al telefono ascolta Silvia Caldera, ex collega della Taroni. “Mentre Laura parlava sentivo un rantolio in sottofondo”. Le 20 sono passate da poco. Arriva Cazzaniga. Ma ancora a nessuno è venuto in mente di chiamare il 118. La prima chiamata è delle 21.27, due ore dopo l’inizio del coma. Gli infermieri notano “la paziente a terra con il torace nudo”. Cazzaniga impedisce al 118 di “attuare la manovre di rianimazione”.
Dieci minuti dopo la donna muore. Il dottor Luca Ohazuruike, medico di Lomazzo arriva per esaminare la salma. Ma, vista la presenza di Cazzaniga, lascia a lui la compilazione del modulo. Qui, l’anestesista metterà in fila quattro cause per il decesso. Sentito dagli investigatori Ohazuruike spiega: “Quelle cause non potevano essere diagnosticate a domicilio ma solo in ospedale con esami specifici”. Cazzaniga ha mentito. E con lui anche la Taroni, quando ha cambiato più volte la causa della morte: infarto, meningite fulminante, encefalite, emorragia cerebrale. Senza contare le malattie presunte e inventate al telefono con il 118: prima il diabete, poi il tumore. La signora Clerici, sana solo poche ore prima, sarà cremata il 7 gennaio. Dirà la Taroni. “A me che cazzo me ne frega, tanto i corpi son bruciati”. Conclude il pm: “Vi sono indizi gravi e concordanti che per gli indagati il malore di Maria Rita Clerici sia stato un evento atteso e pianificato, che essi hanno volutamente causato mediante la somministrazione dei medicinali procurati da Cazzaniga”.