Non solo armi o coltelli avvelenati, ma anche applicazioni per smartphone. Il bagaglio del terrorista 2.0 è vasto. In dotazione c’è l’app “Controllo veicoli free” che permette di capire se una macchina è rubata. Oppure l’Id generatore di carte false, programma che consente di creare patenti o passaporti. Il News Wta è una mappa aggiornata di tutti gli attentati compiuti con localizzazioni. Il Truecaller permette d’identificare in tempo reale chi sta chiamando. Il Cm security Applock blocca con un codice l’utilizzo di tutte le app. In totale sono dieci le applicazioni scoperte dalla Digos di Milano sul cellulare del marocchino Nadir Benchorfi, arrestato il 4 dicembre scorso nel suo appartamento in via Tracia 4 nel quartiere di San Siro. Per lui la Procura ipotizza la partecipazione allo Stato Islamico.
Partecipazione che diventa anche programmazione di un attentato in Lombardia. Obiettivo: un importante centro commerciale che Nadir fotografa e riprende in diversi video. Il marocchino, che al momento del fermo lavorava in un centro commerciale in viale Sarca (che non è l’obiettivo da colpire), ne parla con il suo contatto di Daesh in Siria. Si tratta del palestinese Masslama, definito nelle oltre 50 pagine del decreto di fermo “giornalista-soldato dell’Isis”. È sempre Nadir, sentito a sommarie informazioni dalla Digos il 13 ottobre, a parlarne. “A luglio avevo raccontato a Masslama i miei problemi di lavoro (…) Lui mi ha detto di prendere un fucile (…). Io ho detto che a Quarto Oggiaro (quartiere milanese ad alta densità criminale, ndr) si possono comprare (…). Mi ha suggerito di fare un video del centro commerciale”. Quando Nadir invia le riprese dei negozi e della struttura esterna, Masslama esclama: “Si può fare un buon acquisto”. Nadir traduce: “Intendendo che si poteva fare un bell’attentato”. L’odio per il nostro Paese viene poi immortalato in un’intercettazione telematica sempre con il contatto siriano. “Fratello – scrive Nadir – avevo un programma (…) perché odio gli italiani in una maniera che lo sa solo Dio (…) . Nel 2004 a Milano ero soprannominato Osama bin Laden”.
In un file mp3, il marocchino registra un litigio con un funzionario dell’Asl. Si ascolta: “Ti faccio vedere cosa fa l’Isis (…) Se volete che diventi un terrorista è facile, non ho paura del carcere”. Mentre alla notizia che Masslama il 31 luglio è arrivato nello Sham (la grande Siria), esclama: “Che Dio ti conceda il martirio”. Oltre alle app e ai progetti di attentato, ci sono i soldi. Quelli che Nadir invia, 17 rimesse in totale, 11 in Palestina, il resto tra Algeria, Francia, Turchia e Germania. E soprattutto quelli che riceve. In particolare da tre persone.
Si tratta di cittadini algerini, residenti tra Milano e Verona. Tutti hanno precedenti per reati comuni. T.D. è emerso in un’inchiesta del Ros “in quanto presente alla perquisizione di una casa in via Ripamonti con due fratelli algerini”. A.B. risulta come contatto telefonico di un numero intestato a un peruviano inesistente. “È un nominativo fittizio per l’intestazione di numeri telefonici”. Il cellulare contattato dall’algerino è emerso in un’indagine sulla radicalizzazione di un libico e ha agganciato componenti di una cellula terroristica belga.
Il denaro di Nadir è arrivato anche al parente di al Aqqani, uno dei leader delle formazioni takfire (deviazione violenta del movimento salafita) nella Striscia di Gaza. Su Nadir la Digos, coordinata dal dottor Claudio Ciccimarra, inizia a indagare a settembre. A ottobre viene sentito a sit, poi lo interroga il pm. Uscito, il marocchino contatta l’amico palestinese. “Conosci chi mi può fare uscire dall’Italia”?”. Masslama: “Puoi andare in Olanda o in Germania”. Da qui il fermo. E del resto Nadir conosce bene la Germania. Lui, figlio di un imam, lo mette a verbale: “Nel 2012 lavoravo all’Ikea di Corsico (…). Sono partito per la Germania”. A Dinslaken frequenta la moschea Al Rahma. “Ho conosciuto soggetti dell’Isis”. Con loro di notte prega in moschea. “Molti parlavano di jihad”. Poi i tedeschi partono per la Siria e inviano video. “Uno di loro minacciava i tedeschi”. Nel 2015, Nadir rientra definitivamente in Italia.