È una sorta di sondaggio social con un campione che, ieri, era di 12 mila utenti: Matteo Renzi sulla sua pagina Facebook chiede alle persone di indicargli la strada, di dirgli cosa è andato bene e cosa male nei suoi mille giorni al governo e cosa invece bisogna fare nei prossimi mille giorni. Così, nero su bianco, con nomi e cognomi, le analisi politiche delle ultime settimane escono dai salotti tv e si trasformano nella viva voce degli italiani. Abbiamo letto tutti i commenti (Renzi, va detto, a molti ha risposto direttamente) e abbiamo usato solo quelli più simpatetici col premier. È una bella carrellata, a volte sorprendente, lungo idee e impressioni dell’elettorato Pd.
Va tutto bene. La maggior parte dei commenti è elegiaca. Un esempio: “Vedevo una luce in fondo al tunnel, vedevo speranza, vedevo chiarezza, per me ora è solo amarezza. Perché credevo nel tuo lavoro e mi dispiace, non sai quanto”. E tra le risposte ironiche (“la luce forse era un treno”) ci sono anche i complimenti per leggi come quella sulle Unioni civili o sul Dopo di Noi.
La Buona Scuola. “Che errore immenso! – scrive Denis – Bisogna mettere il ministero dell’Istruzione nelle mani di qualcuno che conosca il mondo della scuola e intervenga per migliorarlo”. Le testimonianze di mamme costrette a spostarsi lasciando i figli a casa, gli organici formati da docenti che non avevano mai messo piede nelle scuole, precari non stabilizzati e tempi biblici per i concorsi. Renata R. fa un’analisi lucida: “La buona scuola ha peggiorato il sistema di accesso all’insegnamento e discriminato molti docenti in graduatoria. La chiamata diretta da parte dei presidi favorisce le raccomandazioni”.
Università dimenticata. Qui, insieme al comparto lavoro, a commentare sono i giovani. Il concetto è che l’intero sistema si regge su precari destinati a restare tali. Scrive Barbara C.: “Manca ancora regolarità e sicurezza nei fondi, sia per la ricerca di base che per le assunzioni. Le slide sono una cosa, la vita quotidiana nei dipartimenti un’altra. Fare ricerca è uno sforzo della volontà del singolo, non qualcosa che il sistema incoraggia, premia, supporta e facilita”.
Meno ego, meno amici. Antonio scrive: “Lavorare sull’ego smisurato. L’errore più grande che devi evitare è quello non solo di non ascoltare, ma di dare l’impressione di non ascoltare”. A Renzi si dà la colpa di aver personalizzato il referendum, di aver dimostrato poca empatia. Molti gli ricordano che aveva garantito che avrebbe lasciato la politica, gli riconoscono il coraggio di essersi dimesso. E poi, gli amici. “Si sente troppo spesso parlare di Giglio Magico – scrive Matteo C. – Giusto circondarsi di uomini fidati ma occorre anche valorizzare chi ti dice di no in faccia. Valorizza nel Pd uomini come Fabrizio Barca che hanno una loro libertà e identità culturale”.
Narrazione irreale. Uno, che li riassume tutti: “Penso che abbia influito l’atteggiamento. Ci vuole più umiltà. Ad esempio, è mancata la pazienza di dialogo e di ascolto verso chi la pensa diversamente. E soprattutto ci vuole comprensione verso le classi meno abbienti, enorme è infatti il divario tra la narrazione mediatica e il cosiddetto paese reale”.
Il Pd. Scrive Luca: “Non bisogna rinchiudersi dentro i ‘giochi’ di partito. Che fine faranno i comitati per il Sì? Ripartirei anche da lì, per capire cosa ha funzionato e cosa no. Hai rinnovato il vertice del partito, ma hai dimenticato i territori ove occorre con urgenza un ricambio della classe dirigente. È necessario un partito che sia tra e con la gente”. E ancora, Alessandro C: “Prima di pensare al futuro del Paese, pensi al futuro del Pd. Un partito compatto potrà essere immagine di un progetto politico compatto”.
Il sud. Il divario col Nord non si colma solo coi soldi: “Non si può immaginare di far ripartire il Mezzogiorno con amministratori come De Luca – scrive un utente – In Campania sarebbe stato meglio perdere con un candidato pulito. Costruire, invece di vincere con i voti di Nicola Cosentino e Vincenzo D’Anna”.
Il Jobs Act. Concetto base: la priorità è il lavoro. La gente ragiona meglio quando ha uno stipendio e una prospettiva di futuro. “Le scelte sono sembrate poco coraggiose e più inclini alla logica di calcoli elettorali – scrive Marco C. – Meglio, per esempio, fare una patrimoniale su capitali e redditi alti e dirottare le risorse per ridurre il costo del lavoro, rafforzare il welfare anziché distribuire 80 euro, combattere ferocemente l’evasione fiscale e la corruzione. Soluzioni che avrebbero dato l’idea di concentrarsi su quella parte di Paese alle soglie della povertà che si sente abbandonato e privo di protezione”.