Matteo Renzi almeno non si sforza più di rivendicare una continuità con la tradizione della sinistra. L’Unità di Sergio Staino invece ci prova. E attacca chi “dimentica la nostra storia”, cioè Susanna Camusso, segretario generale della Cgil. Le capriole ideologiche nel renzismo sono la norma, ma resta curioso vedere il giornale fondato da Antonio Gramsci contro il sindacato di Giuseppe Di Vittorio.
Staino ha le sue ragioni quando dice che la Cgil è sempre più forza di opposizione e protesta, invece che parte attiva del governo dell’economia. Ma argomenta in modo singolare: il massimalismo sterile della Cgil è stato reso evidente proprio dalla più corposa delle sue sigle, il sindacato pensionati Spi che in Emilia Romagna usa quei voucher che la Cgil nazionale sta cercando di abolire con un referendum. Questo “bel segnale” dovrebbe spingere la Camusso a “ritornare sui grandi binari della nostra storia sindacale, delle nostre lotte di unità e di progresso”.
Che i voucher possano essere associati alla storia della sinistra (è lavoro senza tutele, senza contratto, senza diritti) pare ardito. Inoltre a Staino sfugge una questione di merito: per quanto sia un colossale infortunio di comunicazione, l’uso dei voucher da parte dello Spi è quello corretto e auspicabile. Qualche pensionato riceve tagliandi dal valore di poche decine di euro per il suo lavoro di supporto, quasi mera militanza, un hobby. Se tutti i voucher fossero usati così, il referendum andrebbe deserto.
Ma con il silenzio de L’Unità e i voti del Pd, però, i governi Monti, Letta e Renzi hanno liberalizzato i voucher che ora vengono usati da ristoranti, imprese, perfino pubblica amministrazione, al posto di contratti più tutelati. E così si arriva ai 121,5 milioni di voucher in 10 mesi nel 2016. Dopo i voucher, c’è solo la schiavitù. Chissà se Staino considera di sinistra anche quella.